Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -


  Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -  

cell. 338-2518571

Ambulatorio I.O.T. (Istituto Ortopedico Toscano) - Firenze 055-6577269 (viale Michelangelo, 41)

 

L'ELASTOCOMPRESSIONE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA

 

R. Polignano* - B. Paggi°

* Servizio di Angiologia ASL 10 Firenze

° IPAFD ASL 13 Novara

 

presentato al 1° Congresso AIUC Roma 16-18 nov.2000

 

Bendaggi e sistemi di tamponi per compressioni selettive sono noti fin dai tempi di Ippocrate. Ancor oggi costituiscono mezzi efficaci per la terapia e prevenzione delle ulcere venose degli arti inferiori. Tali forme di compressione sono state perfezionate nel tempo ed oggi vengono caratterizzate per la loro composizione, elasticità ed adesività.

Tralasciando i principi generali sui quali è già stato relazionato in precedenza, bisogna comunque sottolineare che la mobilizzazione del paziente contribuisce sostanzialmente all’efficacia dell’elastocompressione. Sulle tecniche di applicazione delle bende ci sono spesso delle differenze, ma pareri concordi sui principi fondamentali.

Nella pratica clinica vi sono alcuni parametri che devono essere sempre considerati prima dell’applicazione di qualsiasi bendaggio:

- tipo di patologia

- compliance del Paziente

- livello di deambulazione

- tipo di medicazione

- caratteristiche della cute

- disponibilità del materiale

- possibilità di collaborazione familiare

- controindicazioni generali ed in particolare presenza di arteriopatia obliterante.

In particolare, Pazienti non deambulanti, intolleranti qualsiasi costrizione, o ancora affetti da un dolore insopportabile o non adeguatamente motivati, avranno una compliance probabilmente insufficiente.

In caso di ulcera con eccessivo essudato o che necessiti ispezioni frequenti, sarà più pratico e meno dispendioso un bendaggio mobile rispetto ad un bendaggio fisso spesso non riutilizzabile.

Nella scelta di bendaggi mobili, solitamente confezionati a domicilio, dovremo essere sicuri delle capacità tecniche di un familiare o del personale sanitario domiciliare.

Ricordiamo poi che difficilmente il Paziente toglierà un bendaggio fisso adesivo e che questo tipo di bendaggio, anelastico o a corta estensibilità, al contrario di quello a media-lunga estensibilità, dovrà essere confezionato da personale esperto.

 

Il materiale che possiamo utilizzare per confezionare un bendaggio è sostanzialmente costituito da:

- materiale di protezione, assorbimento e fissaggio (cotone di Germania, bendaggi coesivi leggeri, mousse) e materiale per compressioni eccentriche;

- bende anelastiche (bende rigide all’ossido di zinco, Circ-Aid)

- bende a corta esensibilità (40-70%)

- bende a media estensibilità (70-140%)

- bende a lunga estensibilità (>140%)

Le bende a corta estensibilità possono essere adesive/coesive o non adesive, ma spesso si preferiscono le prime per permettere un bendaggio fisso più stabile che possa restare in sede per alcuni giorni. Il bendaggio fisso può essere confezionato anche con una benda all’ossido di zinco, anelastica, che darà alte pressioni deambulatorie e basse a riposo permettendo al Paziente di tenerla anche la notte. Le bende a media-lunga estensibilità sono generalmente non adesive e vengono messe il mattino e tolte la sera ed al contrario delle precedenti, creano una pressione elevata a riposo che, però, s’incrementa poco durante la deambulazione. Possono essere bendaggi più sicuri, ma meno efficaci per la riduzione dell’edema e spesso si dislocano richiedendo un nuovo confezionamento durante la giornata.

Il bendaggio è controindicato in quei pazienti che presentano una patologia arteriosa severa (Indice di Winsor < 0,6), ma con particolari attenzioni potrebbe essere utilizzato in quelli con una patologia meno severa (I. Winsor 0-6-0,8); controindicato in quelli che presentano uno scompenso cardiaco non controllato e accompagnato da edemi declivi. E’ possibile con particolari cautele e sotto stretto controllo nei Pazienti diabetici o con vasculiti.

 

Nel posizionare il bendaggio dovremo utilizzare alcune norme generali:

-     il Paziente sarà generalmente disteso

- con gamba rilassata

- piede a 90° e leggermente rialzato

- il bendaggio dovrà essere iniziato dalla radice delle dita

- ed esteso fin sotto il ginocchio

- con bende alte da 7,5 a 10cm

- garantire una pressione adeguata ed uniforme

- ed essere ben accetto dal Paziente

 

La compressione graduata si ottiene applicando alla benda una tensione costante dal basso all’alto e sfruttando in questo modo

la Legge di Laplace (P (pressione) = 4630xTxN    [T=tensione N=strati]

r x h           [r=raggio h=altezza] 

 

Tralasciando i particolari della Legge, già esposti nelle relazioni precedenti, confermiamo la necessità di sfruttare questi principi per ottenere un bendaggio efficace utilizzando bende elastiche, applicando una tensione costante, ed utilizzando un bendaggio a più strati (2, 3 o 4 strati) sovrapposti in diversi modi, per correggere e sfruttare il diverso raggio dell’arto. Quando il numero degli strati aumenta, l’elasticità del bendaggio diminuisce.

Il primo strato è di solito costituito da uno strato di cotone di Germania o di salvapelle (mousse sintetica) che potrà avere diverse funzioni. Quella di correggere eventuali anomalie del raggio della gamba, come possiamo osservare nelle distrofie dell’I.V.C. (ad es. una gamba a “fiasco rovesciato”); in presenza di ulcera può servire all’assorbimento di un essudato abbondante ed infine può essere utile per evitare danni, legati ad eventuali strozzamenti per sovrapposizioni alterate del bendaggio o all’eccessiva pressione sulle sporgenze ossee della gamba. Ma la Legge di Laplace può sfruttata soprattutto utilizzando le compressioni eccentriche, spessori in latex, silicone, poliuretani o garze, che ci serviranno a creare delle compressioni selettive, in sede ad esempio di ulcere o varici, dove avremo bisogno di una pressione più elevata.

Lo strato successivo sarà costituito da una benda a corta-media estensibilità, che sarà scelta in base alla presenza o meno di edema, alle capacità deambulatorie del Paziente, alla possibilità di lasciare in sede la benda per più tempo e al tipo di ulcera.

Il tipo di tecnica sarà variabile, generalmente si utilizza un avvolgimento “a spirale”, sovrapponendo le spire della metà o di 2/3, in alternativa una tecnica “a otto” o “a lisca di pesce” che creando una maggior sovrapposizione di strati darà una maggior pressione a parità di tensione e di tipo di benda. Il bendaggio potrà essere sostituito una o due volte alla settimana ed ogni volta che la riduzione dell’edema lo renderà ormai inefficace.

Nel confezionare un bendaggio fisso all’ossido di zinco, bendaggio anelastico, dovremo tener conto di ulteriori attenzioni. La benda anelastica non dovrà essere tesa eccessivamente per evitare la formazione di lacci e strozzature, ma dovrà seguire le curvature dell’arto, eventuali incroci saranno fatti in zone protette e non a rischio; un’altra tecnica prevede che la benda possa essere stesa evitando che giri completamente intorno all’arto, ripiegandola su se stessa ogni volta sulla linea mediana posteriore della gamba, con spire “a ferro di cavallo” e proseguendo ad ogni giro con un’inclinazione verso l’alto. Questo tipo di tecnica permetterà inoltre, una volta indurita la benda, di poterla togliere senza necessità di forbici, semplicemente tirandola dal davanti come un gesso tagliato sul di dietro.

 

 

 

 

PARTICOLARI FORME DI BENDAGGIO: IL BENDAGGIO A 4 STRATI

 

 

Il sistema di bendaggio compressivo multistrato, specifico per il trattamento delle ulcere venose degli arti inferiori, è in grado di produrre ottimi risultati su pazienti con indice braccio\caviglia di almeno 0,8.

E’ controindicato in quei pazienti che presentano una patologia arteriosa severa, in quelli che presentano uno scompenso cardiaco non controllato e accompagnato da edemi declivi.

E’ possibile l’applicazione, ma sotto stretto controllo, nei pazienti diabetici, nei pazienti con artrite reumatoide.

 

Introduzione

 

Le ulcere venose degli arti inferiori costituiscono un problema fondamentale nella vitalità dei tessuti. Per questa ragione, mano a mano che la base della pratica assistenziale delle ferite passa da aneddotica a scientifica, sempre più gli si riconosce importanza.

La prevalenza delle ulcere dell’arto inferiore in Gran Bretagna, Svezia e Australia è all’incirca dell’1% nella popolazione adulta, è di circa mezzo milione negli Stati Uniti d’America.

La ricerca ha dimostrato che una compressione graduata, effettuata con bendaggio, costituisce un metodo appropriato per il trattamento delle ulcere venose degli arti inferiori.

Dalla pubblicazione di Stemmer, che dimostra l’utilità di livelli maggiori di pressione esterna (40 mmHg), sono state dimostrate sia la consistenza che la prevedibilità del sistema di forte pressione (bendaggio multistrato con quattro bende).

Il successo del bendaggio multistrato è legato a problematiche più ampie che vanno da un approccio sanitario e gestionale basato sulla ricerca piuttosto che ad un approccio integrale per il paziente che tenga conto di qualità, costi ed efficacia .

 

Sistema di bendaggio compressivo multistrato

 

Il sistema di bendaggio a quattro strati è stato sviluppato per produrre una compressione efficace, graduata e sostenuta al tempo stesso, senza dimenticare un buon rapporto fra costo e trattamento.

Compressione efficace: l’efficacia della tecnica di bendaggio compressivo multistrato è stata clinicamente dimostrata con studi compiuti sia presso ospedali  sia in strutture mediche territoriali .

Compressione graduata: una compressione graduata efficace è stata determinata come il singolo fattore più importante nel trattamento delle ulcere venose dell’arto inferiore (vedi nota 2). Il sistema di bendaggio compressivo multistrato assicura una pressione di circa 40 mmHg alla caviglia, decrescente a 17 mmHg al ginocchio (vedi  nota 2).

Compressione sostenuta: è dimostrato che tale sistema mantiene un livello di compressione efficace per lo meno per una settimana senza necessità di cambiare il bendaggio.

Rapporto costo/trattamento: un cambio settimanale del bendaggio riduce drasticamente il tempo necessario alla gestione delle ulcere dell’arto inferiore da parte del personale clinico. Significativi sono già i risultati di alcuni studi che hanno permesso di evidenziare risparmi significativi nell’ambito del costo per singolo trattamento.

Una particolare attenzione deve essere posta, come per qualsiasi altro tipo di bendaggio, in sede di prima applicazione. Sarà quindi auspicabile procedere come segue:

1. sottoporre il paziente ad una visita accurata, che escluda la presenza di malattie arteriose; consigliabile l’impiego degli ultrasuoni con l’indagine doppler;

2. considerando che il sistema di bendaggio è stato espressamente studiato per dare i migliori risultati su caviglie della circonferenza tra i 18-25 cm. , sarà opportuno misurare la circonferenza della caviglia ed accertarsi che la stessa sia superiore ai 18 cm. (imbottita);

3. accertarsi che la circonferenza della caviglia stessa, per effetto dell’assorbimento dell’edema non sia cambiata; a tale scopo è importante rimisurare sempre la circonferenza dopo il periodo di trattamento;

4. analizzare l’arto del paziente per individuare possibili prominenze ossee o fibrosi del polpaccio al fine di poterle opportunamente proteggere usando ad esempio la prima benda del sistema stesso.

5. escluderne l’impiego in presenza di pazienti arteriopatici (con un indice di pressione braccio/caviglia inferiore allo 0,8) o su pazienti diabetici con microangiopatia in stato avanzato.

 

Ogni kit di bendaggio si compone di una prima benda assorbente naturale costituita da un 100% di viscosa, anaelastica che è in grado di garantire una alta assorbenza, una buona conformabilità, una bassa perdita di fibra e una elevata tollerabilità grazie alla sua naturale morbidezza. Consente di proteggere le zone a più elevato rischio, di ridistribuire adeguatamente la pressione e di garantire un buon assorbimento dell’essudato. La sua applicazione, dopo il fissaggio a livello di teste metatarsali e l’inglobamento del collo del piede e del tallone, si sviluppa a spirale con sovrapposizione del 50% senza alcuna tensione sino alla tuberosità tibiale.

Una seconda benda, in crespo di cotone con un’estensibilità del 45%, consente un buon assorbimento, completa la conformabilità della benda precedente e si dimostra altrettanto morbida. Rifinisce quindi quanto preparato con la benda 1, ne consente il suo fissaggio contribuisce ad elevare le capacità di assorbimento del sistema stesso e da ultimo consente un buon ancoraggio alla terza benda. La sua applicazione si differenzia dalla precedente solo per una minima tensione che deve essere impressa alla benda nel momento in cui la si srotola sull’arto.

Una terza benda in grado di esercitare una compressione leggera (17 mmHg alla caviglia) ma con una elevata elasticità (estensibilità superiore al 150%).Tramata con un repere centrale colorato, lo stesso fornisce all’operatore una guida nell’applicazione. La sua applicazione, dopo il fissaggio a livello di teste metatarsali e l’inglobamento del collo del piede e del tallone, si sviluppa con una figura ad otto con sovrapposizione del 50% ed una tensione del 50%, che può comunque variare a seconda della manualità dell’operatore e a seconda dell’effetto che si desidera ottenere dall’applicazione del sistema stesso. Dopo il suo posizionamento è opportuno controllarne il grado di tensione esercitato oltre che la compattezza e la tenuta nei punti di sovrapposizione.

Una quarta benda coesiva, soffice con bordi morbidi ma al contempo robusta e ben aderente su se stessa. E’ in grado di garantire una compressione elastica moderata di 23 mmHg alla caviglia e costituisce l’amalgama di fissaggio di tutto il sistema di bendaggio multistrato. E’ consigliabile un rimodellamento degli strati sovrapposti al fine di garantire una miglior tenuta del bendaggio stesso.

 

Concludendo si può affermare che il sistema di bendaggio a quattro strati o multistrato, è stato sviluppato per produrre una compressione idonea ed efficace al punto che, partendo dalle caratteristiche peculiari di ogni singola benda, dopo il fissaggio a livello di teste metatarsali e  l’inglobamento del collo del piede e del tallone, si sviluppa si arrivi a produrre quelle proprietà idonee al trattamento dell’ulcera della gamba.

 

BIBLIOGRAFIA

 

1. Moffatt CJ, et al.: Venous leg ulceration: Treatment by high compression bandaging. Ostomy/Wound Management, 1995; 41(4) 16-25

 

2. Blair SD et al.: Sustained compression and healing of chronic venous ulcers. British Medical Journal, 1988; 297, 1159-1161

 

3. Moffat CJ, et al.: Community clinics for leg ulcers and impact on healing. British Medical Journal, 1992; 305, 1389-1392

 

 

 

 

Altre notizie su elastocompressione e medicazioni

(inviatoci da un collega di Riabilitazione Vascolare, che ringraziamo vivamente):

Elastocompressione

Il bendaggio, se ben condotto, garantisce risultati ottimali, ma è indispensabile l’adozione di materiali accuratamente scelti. Vanno preliminarmente considerate le caratteristiche anatomiche che contraddistinguono arteria e vena. Il vaso ARTERIOSO, di sezione circolare, convoglia un flusso ematico di tipo laminare, più veloce al centro del lume, e più lento in prossimità dell’intima. Il vaso VENOSO, di configurazione appiattita, presenta invece una sezione ellittica, il cui asse è rappresentato non da un punto, ma da una linea: a questa corrisponde una lamina di flusso a massima velocità. Quando tuttavia si forma una varice, la sezione venosa tende ad assumere una configurazione circolare, perdendo la fisiologica conformazione ellittica. In tali circostanze, il bendaggio non serve a ridurre il raggio di sezione del vaso, bensì a ricostruire la normale sezione ellittica persa a causa della malattia varicosa. Accade dunque che il calibro della vena viene modificato in configurazione, e non ridotto in perimetro, viene pertanto sfruttata la “ legge di continuità.” E’ noto infatti che se un liquido incomprimibile scorre in un condotto indeformabile con portata costante, la sua velocità media risulta inversamente proporzionale alla sezione d’uscita. Q = VA Q= Portata (volume di fluido passato nell’unità di tempo) V = Velocità A = Sezione d’uscita

Con riferimento alla VARIANZA DI CURVATURA della superficie del segmento corporeo da bendare, sì distinguono due tipi di bendaggio flebologico:

1) BENDAGGIO FLEBOLOGICO ECCENTRICO (B.F.E) Questo tipo di bendaggio viene utilizzato a livello dei malleoli, nei quali, gli incavi laterali al tendine d’Achille rendono sinuoso il perimetro della sezione di gamba da bendare, sicché la compressione elastica risulta differente e varia, a seconda dei raggi di curvatura delle strutture anatomiche presenti. Per ovviare a tale situazione, vengono usati riempitivi di schiuma di lattice gommoso. Questi medesimi ausili possono venire usati, per converso, quando si desideri aumentare l’effetto comprensivo su particolari sezioni d’arto e per situazioni contingenti (ematoma da stripping...).

2) BENDAGGIO FLEBOLOGICO CONCENTRICO (B.F.C.) E’ il tipo di bendaggio di più comune esecuzione, quando cioè le spire d’avvolgimento vanno a ricoprire superfici con raggio di curvatura uniforme.

Viene attuato mediante l’uso di: a) Calze elastiche b) Bende elastiche c) Bende adesive

Il Bendaggio Flebologico, in rapporto al tempo di permanenza in uso, si articola in due categorie:

A) BENDAGGIO MOBILE (B.M.) Ha la caratteristica di poter essere dismesso periodicamente nell’arco delle 24 ore e di essere gestito direttamente dal paziente(es: le bende elastiche).

B) BENDAGGIO FISSO (B.F.) Viene impiegato per situazioni cliniche più importanti, quando appare necessario che permanga in situ per lunghi ed interrotti periodi(es: le bende adesive nella cura delle ulcere trofiche). In tal caso, comunque, vanno osservate norme scrupolose di applicazione, per evitare danni del microcircolo superficiale e del trofismo tissutale.

BENDAGGIO MOBILE (B.M.)

Il B.M. si realizza utilizzando vari presidi: a) Bende Elastiche (B.E) b) Bende Coesive (B.C.) le cui spire sono capaci di ancorarsi l’una sull’altra c) Bende Salvapelle (B.S.) costituite da materiale poliuretano, per la protezione di stazioni anatomiche delicate o fragili; d) Bende Tubulari (B.T.)

Le Bende Elastiche, che vengono adoperate per il Bendaggio Mobile, si classificano: 1) a CORTA estensibilità: l’estensione consente di aggiungere una lunghezza fino al 70% della lunghezza di riposo, l’elasticità residua è scarsa. Sono ben tollerate, in quanto esercitano una compressione modesta; 2) a MEDIA estensibilità: hanno un’estensione aggiuntiva compresa fra 70% e 140% della lunghezza di riposo; 3) a LUNGA estensibilità: con allungamento aggiuntivo oltre il 140% della lunghezza di base. La notevole elasticità residua, assai comprimente, può indurre sofferenza notturna. 4) B. BI-ELASTICHE: rientrano nella categorie delle bende a lunga estensibilità. Sono estensibili sia in lunghezza che in larghezza (ovvero altezza).

BENDAGGIO FISSO (B.F.)

Le bende elastiche, che vengono adoperate per il bendaggio fisso, sono: 1°) BENDE ADESIVE, che aderiscono alla cute assicurando una contenzione protratta nel tempo

2°) BENDE alle PASTE, intrise cioè di paste collanti (Ossido di zinco = ZnO; ittiolo-ZnO), che essiccandosi parzialmente creano uno stabile involucro contenitivo. Il B.F. viene molto usato per la cura delle ulcere venose. BENDAGGIO FLEBOLOGICO

Concentrico Eccentrico

MOBILE FISSO

 B.h B. tubulari B. Bi-adesive] B. coesive JBende salvapelle B. elastiche   - ZnO - ZnO + ittioloballe paste 

Corta E. Media E. Lunga E. Bi-elastiche

 Le bende semplicemente elastiche non consentono appiglio delle spire fraJ  Le bende coesive consentono l’appiglio delle spire fra]loro, né alla cute.   Le bende adesive consentonohloro, ma non alla cute: sono bende mobili.   L’ossido di Zinco vienebl’appiglio delle spire fra loro, ed anche alla cute.  usato per le sue caratteristiche plastiche, non medicamentose. L’ittiolo, invece, viene sfruttato per le sue azioni cheratoplastica ed antinfiammatoria.

Modalità d’azione dei BENDAGGI

Il Bendaggio Flebologico sfrutta situazioni diverse, a seconda che si desideri giovarsi di una PRESSIONE di RIPOSO (statica) o di una PRESSIONE di LAVORO (dinamica).

1) La PRESSIONE di RIPOSO (PdR) dipende essenzialmente dalla elasticità strutturale della benda che, in virtù degli elastomeri contesti, tende rapidamente a recuperare la lunghezza di base, una volta distesa per l’avvolgimento spirale. Notevole è l’elasticità residua. Si genera un effetto compressivo di superficie, che tuttavia non riesce a contrastare l’espansione dei ventri muscolari sottostanti.

2) La PRESSIONE di LAVORO (PdL) dipende invece dalla validità della espansione di contrazione dei muscoli delle gambe. Infatti i muscoli surali sono strutture capaci di accorciarsi durante la loro attività. Allora, i ventri muscolari si gonfiano in senso latero-laterale, esercitando utile azione di compressione e spremitura sui vasi venosi profondi. Tale azione pompa sul sistema venoso profondo intermuscolare potrà essere esaltata se un bendaggio a corta elasticità, quasi barriera, contrasterà l’espansione dei ventri muscolari verso l’esterno, indirizzandola verso l’interno. Le considerazioni finquì esposte consentono di acquisire alcune definizioni.

- ELASTOCOMPRESSIONE Attiene alla Pressione di Riposo. Si rapporta con le proprietà intrinseche del materiale di costruzione.

- CONTENZIONE ELASTICA Attiene alla Pressione di Lavoro. Si rapporta con l’effetto-pompa esercitato dai muscoli durante la marcia.

In sintesi: una benda iperelastica sviluppante elevata P.di Riposo, esercita scarsa P. di Lavoro; per converso una benda ipoelastica sviluppa una scarsa P.di Riposo, ma una elevata P.di Lavoro. I due tipi di pressione risultano in definitiva inversamente proporzionali tra loro, al variare dell’elasticità della benda adoperata al momento. La misurazione della Pressione Venosa può essere ottenuta con speciale manometro (COMPRITEST) la cui camera d’aria può essere inserita tra cute e bendaggio.

TECNICA DEL BENDAGGIO

L’esecuzione del Bendaggio Flebologico si basa su una serie di regole generali, che vanno poi personalizzate sul Paziente.

1) Capacità tecnica ed esperienza dell’Operatore Sanitario. Questi deve apprendere ad esercitare, sentendolo, lo stiramento più opportuno della benda in uso. Bisogna attendere al difficile traguardo per cui due o più persone dovrebbero saper applicare il bendaggio con pari ed esperta abilità, sì da determinare risultati finali ottimali. Per eliminare la “variabile-operatore”, l’industria del settore sta realizzando bende strutturate con elastomeri capaci di sviluppare la medesima tensione di avvolgimento, qualunque sia il grado di stiramento cui ciascun Operatore possa sollecitare la benda.

2) Personalizzazione del bendaggio. Ogni singola situazione patologica va trattata adeguatamente, valutando anche la conformazione anatomica delle strutture da bendare. E’ intuitivo che l’arto di una persona, relativamente giovane, mostra un profilo anatomico più sinuosamente modellato rispetto ad una più uniforme conformazione dell’arto di un anziano, specialmente a livello di caviglia, polpaccio, coscia. Per bendare adeguatamente tali tre segmenti va attuata la legge di Laplace:

P = T/R P = Pressione esercitata dal bendaggio T = Tensione di allungamento della benda R = Raggio del segmento da bendare

Provocando, quindi, una Tensione di allungamento pari a 100 in misura costante, si determinano matematiche variazioni di Pressione al variare del Raggio di ciascun segmento. Ad esempio:

Caviglia-R = 2 cm 100 : 2 = 50 mmHg ( pressione del bendaggio) Polpaccio -R = 4 cm 100 : 4 = 25 mmHg ( “ “ ) Coscia - R = 10 cm 100 : 10 = 10 mmHg ( “ “ )

Questo paragrafo riguarda specialmente il bendaggio mobile, da applicare quotidianamente per il solo arco diurno, e da rimuovere durante il riposo notturno a letto per evitare danni al microcircolo superficiale, assai dolorosi. E’ quindi indispensabile l’acqui-si-zione di una fine sensibilità propriocettiva , che sappia valutare la tensione d’allun-ga-mento della benda, per un suo uso ottimale. Torna opportuno ricordare l’importanza del numero degli strati elastici apposti. Anche un esile salvapelle , dopo 4-5 giri sovrapposti , provoca già una notevole sensazione di pressione cutanea. Analogamente una benda elastica provocherà maggiore o minore compressione a seconda che le sue spire d’avvolgimento si sovrappongano in misura del 75%-50%-25% della loro altezza.

3) Scelta dell’elasticità della benda . - per un’azione superficiale (varici) = effetto compressivo: bende a LUNGA elasticità e BIELASTICHE

- per un’azione medio profonda (vasi perforanti e comunicanti): bende a MEDIA elasticità

- per un’azione profonda (ulcere, sindrome post-trombotica) = effetto contenitivo bende a CORTA elasticità

4) Raggio del distretto Per soddisfare la legge di Laplace, bisogna dosare adeguatamente la tensione della benda per adattarla alle variazioni di spessore dell’arto.

5) Altezza della benda Più alta (larga) è la benda, meno uniformemente si distende ed aderisce alla superficie cutanea, generando pieghe e cordonature inopportune. Così pure accade che la zona centrale della benda esercita una pressione maggiore rispetto a quella che viene sviluppata sui margini.

6) Densità dei tessuti In presenza di un arto edematoso, il raggio della circonferenza varia in relazione alla riduzione dell’edema. Pertanto, nelle successive fasciature, va ridimensionata adeguatamente la tensione elastica della benda in uso.

7) Specularità anatomica dei due arti fra loro, che va rispettata anche nel condurre la rotazione, verso sinistra o verso destra, della benda intorno alla gamba, differenziando un arto dall’altro. L’Operatore inesperto tende spontaneamente a sistemare le bende con gesto avvolgente stereotipato indistintamente per i due arti, in senso orario o antiorario a seconda del suo atteggiamento psico-neurologico destrimane o mancino. Il principio di specularità esige, invece, movimento rotatorio levogiro (verso sinistra) per uno solo dei due arti, destrogiro (verso destra) per l’altro. In pratica, accade che l’operatore destrimane, nel bendare un arto sinistro, tenderebbe involontariamente a supinare il piede: a sollevarne cioè il margine mediale dal piano plantare. Quando il medesimo operatore benda un arto destro, sarà portato a pronare il piede, sollevando questa volta il margine laterale del piano plantare, quindi se un piede verrà supinato, e l’altro pronato, ne conseguirà una dissimetria emodinamica del circolo venoso di un arto rispetto all’altro. Pronazione e supinazione vanno provocate, col bendaggio elastico, per correggere e contrastare alcuni atteggiamenti errati del piede.

Piede PIATTO - margine mediale abbassato - margine laterale sollevato Bendaggio SUPINANTE - volta plantare collassata - sostiene la volta plantare - aumentata superficie d’appoggio plantare - avvolge: - ridotta velocità di flusso  piantaÙ mignolo Ù dorso Ùvenoso alluce 

Piede CAVO - margine mediale sollevato - margine laterale abbassato, scaricante Bendaggio PRONANTE - volta plantare iperarcuata - abbassa l’arco plantare - ridotta superficie d’appoggio plantare - avvolge: - minore estensione  dorso della suola venosa di LéjarsÙ mignolo Ù pianta Ùe spremitura alluce 

IN PRESENZA DI PIEDE NORMALE SI ADOTTA IL BENDAGGIO SUPINANTE (P. Piatto).

A conferma delle precedenti considerazioni teoriche, esperienza insegna che l’ulcera venosa si presenta frequentemente nel piede piatto, raramente col piede cavo. E col bendaggio bisogna guardarsi dall’accentuare il piattismo, con errate manovre di pronazione. L’ulcera flebopatica della gamba destra guarisce assai lentamente.- molto oltre le abituali tre settimane - quando il bendaggio viene attuato da un improvvido Operatore destrimane, spontaneamente incline a pronare il piede destro e supinare il sinistro del paziente.

Tecnica di avvolgimento delle bende elastiche

 5° 2° giro - Mediopiede 3° giroÝ1° giro - Avampiede e teste metatarsali, 1°  - Malleoli, al punto B - (1° passaggio) 4° giro - Calcagno (ricoprendolo) 5° giro - Malleoli, al punto B (2° passaggio) 6° giro - Retropiede 7° giro - Malleoli, al punto B (3° passaggio) 8° giro - Ascesa - Sovrapporre le spire al 75% - 50% - 25% a seconda che la e seguenti condizione patologica risulti ACUTA - SUBACUTA - FINALE

Il segmento di benda che sopravanzasse ad avvolgimento utile concluso non va avvolta in sovrapposizione orizzontale, ma lassamente distribuita scendendo in basso, ad elica; oppure va recisa.

Istruzioni per il lavaggio. Il lavaggio rinnova l’elasticità. Dopo ogni applicazione lavare la benda in acqua calda (40 °C) con sapone, evitando l’uso di detersivi e risciacquare in acqua tiepida (20 °C). Per l’asciugatura spremere a fondo senza tirare, né torcere, né stirare e stendere la benda su di una superficie piana, evitando di appenderla.

INDICAZIONI D’USO DIFFERENZIATO

Bende a LUNGA estensibilità: - MEDIUM - FLEXOBANDE (bielastica)

Per patologie brevi, limitate, ben individuate, SUPERFICIALI. - Safenectomia (stripping) - per 2 gg. dall’intervento - Flebectomia - per la prevenzione od estensione di ematoma - Varicorragia - per 12h dall’evento - scleroterapia - per facilitare la coalescenza delle pareti venose - Varici semplici

Azione: * Intensa compressione di superficie * Scarsa influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B. Rimuovere di notte, per evitare prolungati impedimenti del microcircolo cutaneo.

Bende a MEDIA estensibilità: - FORTE

Per patologie MEDIO-PROFONDE (1 - 2,5 cm) - Incontinenza valvolare di vv. perforanti o comunicanti, con edema da stasi anche mattutino. - Safenectomia o flebectomia - dopo la 1^ medicazione (al 4° - 5° giorno) - Ogni altra patologia di media profondità.

Azione: * Compressione di media profondità * Efficace influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B: Da rimuovere di notte.

Bende a CORTA estensibilità: - VARIX

Per patologie PROFONDE (oltre 2,5 cm) - Edema veno-linfatico cronico - Elefantiasi

Azione: * Scarsa compressione superficiale * Notevole influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B: - Indossabile anche di notte. - Il riassorbimento progressivo dell’edema richiede il riconfezionamento a breve periodo del bendaggio, per assicurarne l’aderenza contentiva all’arto. - In fase finale, alla benda a CORTA, sovrapporre benda a MEDIA, da rimuove- re di notte.

PATOLOGIE FLEBOLOGICHE CRONICHE (SEVERE)

In caso di: - Sindrome post-trombotica - Insufficienza veno-linfatica - Ulcera secernente

Dopo aver medicato l’eventuale lesione cutanea, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 4 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Protegge la cute periulcerosa. Le Õspire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. Lasciare liberi avampiede e gamba superiore.Õ Tallone ÕMalleolo 

2° strato: - Benda di fissaggio in crespo di cotone Fissa il sottostante cotone di Germania, ritiene la successiva benda “a corta”. Le spire devono Õ Malleolo Õessere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. Non occorre praticare una trazione nell’avvolgimento.ÕTallone 

3° strato: - Benda a CORTA estensibilità - TENSOCREPE (crespo di cotone)a spirale oppure Benda a lunga estensibilità da mettere a "8".

4° strato: - Benda autoaderente coesiva - COPLUS Ha azione compattante e fissante Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento classico a spirale.

In caso di: - Ulcera flebopatica (generalmente su edema)

Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 3 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Protegge la cute periulcerosa. 2° strato - Benda autoaderente (bianca) da medicazione - EASIFIX Le spire devono Õ Malleolo Õessere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. 3° strato - Benda contentiva da medicazione - COPLUS (coesivaÕTallone  flessibile) E’ da omettere se l’edema è risolto.

In caso di: - Ulcera arteriopatica (senza edema)

Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato. 2° strato - Benda da medicazione - EASIFIX

In caso di: - Ulcera sporca (necrosi + fibrina) - Tromboflebite superficiale

Dopo aver medicato l’eventuale lesione cutanea, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Benda alle pasta d’ossido di Zinco - VISCOPASTE (bendaggio fisso) Piede fissato “a martello” (angolato a 90° con la gamba) Assicurare l’aderenza della benda alla cute e alle spire sottostanti, eventualmente praticando delle “pinces” del tessuto. Usare guanti. 2° strato - Benda adesiva elastica - TENSOPLAST Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato.

In caso di: - Ulcera detersa, in risoluzione Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Benda salvapelle - TENSOBAN Avvolge l’ulcera medicata per 4-5 giorni. 2° strato - Benda adesiva elastica - TENSOPLAST Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato.

In caso di: - Flebite acuta profonda - Flebotrombosi acuta profonda

Deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 1 STRATO

Benda adesiva bielastica - VARIPLAST Bendare estesamente fino ad includere la coscia.

Da ricordare: i bendaggi a più strati sono solitamente bendaggi FISSI

ULCERE DISTROFICHE

La presenza di materiale necrotico o fibrinoso è in grado di ostacolare la riparazione cicatriziale dell’ulcera: è pertanto indispensabile favorirne la detersione.

Le procedure a tal fine abitualmente seguite sono: 1) TERAPIA MECCANICO-CHIRURGICA. Si avvale di strumentazione chirurgica (bisturi, cucchiaino) per l’asportazione del materiale biologico patologico. E’ tecnica dolorosa, emorragipara, sovente traumatizzante per il tessuto di granulazione. 2) TERAPIA CHIMICA. Adopera varie qualità di pomate enzimatiche. Gli enzimi litici contenutivi risultano aggressivi anche verso i tessuti sani, talora necrotizzanti per il tessuto neoformato. Possono pure sostenere processi di sensibilizzazione cutanea, in quanto derivati generalmente da tessuti animali, spesso bovini. D’altra parte il veicolo grasso porta a macerazione la compagine tessutale. 3) TERAPIA AUTOLITICA Mediante sistemi semplici e naturali, tecnologicamente razionali, la medicazione tende a creare e regolare un ambiente umido, fisiologicamente idoneo, alla crescita di neotessuto di riparazione. E’ da privilegiare alle altre terapie.

Le caratteristiche di un MATERIALE di MEDICAZIONE IDEALE sono: - assorbire sangue ed essudati - favorire l’emostasi - non aderire alla superficie della lesione - non disperdere fibre nella lesione - impedire la proliferazione batterica - proteggere e coprire la lesione

George Winter fu il primo ad osservare che una pellicola occlusiva in polietilene favoriva la riparazione cellulare nei giovani maiali con piccole ulcere, usando strisce di lastre fotografiche. Confronto con la medicazione tradizionale:

MEDICAZIONE SEMIOCCLUSIVA MEDICAZIONE TRASPIRANTE ( tradizionale ) - fluidità dell’essudato del letto della ferita - essiccamento dell’essudato - temperatura abituale: 30-35°C - temperatura abituale: 25°C - impermeabilità solo ai liquidi - permeabilità a vapori e liquidi - impermeabilità ai batteri esterni - permeabilità ai batteri esterni - inaderenza alla lesione - aderenza alla lesione - rimozione atraumatica - rimozione traumatizzante - rinnovo diradato - rinnovo frequente

La medicazione ottimale deve quindi: - mantenere UMIDA la superficie della ferita ma NON BAGNATA - regolare l’essudato controllandone la quantità libera - essere impermeabile ai liquidi - permettere gli scambi gassosi - fungere da isolante termico - formare una barriera antibatterica - salvaguardare la ferita da residui estranei - impedire aderenze alla ferita - consentire cambi meno frequenti

E’ da tener presente che non esiste un solo tipo di medicazione adatta per tutti i tipi di lesione e per le sue varie fasi evolutive.

CLASSIFICAZIONE DELLE FERITE

Ogni processo ulcerativo può essere classificato con tre colori in base all’aspetto del fondo: NERO: Presenza di escara o necrosi. E’ necessario detergere e rimuovere il tessuto necrotico con trattamento en- zimatico autolitico. GIALLO:Presenza di tessuto necrotico infetto e pus giallastro. E’ necessario detergere assorbire l’essudato. ROSSO: Presenza di tessuto di granulazione riparatore. E’ necessario fornire un fisiologico isolamento termico in ambiente umido ma non bagnato.

Calze elastiche

Esiste una continuità di trattamento nel tempo, una volta che l’ulcera sia andata a guarigione. Va attuata terapia conservativa mediante l’uso di calze elastiche (vedi capitolo del BENDAGGIO CONCENTRICO). Le calze elastiche si dividono in 3 categorie.

1) CALZE DI SUPPORTO ( dette anche di contenimento – riposanti ) Sono velate, colorate, già riproducenti la sagoma dell’arto inferiore. In quanto fabbricate e confezionate a stampo, riescono ad esercitare compressione pochissimo decrescente (< 20 mmHg) ed agiscono solo in superficie. Possono al massimo essere preventive di varicosità, ma non curative. Esse vengono classificate in base a 2 criteri:

A) a compressione presunta a livello della caviglia di: 6 mmHg 12 mmHg 18 mmHg. Tale classificazione non considera l’unico dato importante e cioè l’effettivo rapporto tensione/raggio (del punto B), che può variare da persona a persona, data la diversa conformazione di ogni gamba.

B) criterio merceologico: 40 DEN 70 DEN 140 DEN

DEN è un rapporto fra il peso in grammi e l’unità di lunghezza del filo elastico. DEN = grammi/1metro. Esiste una correlazione approssimativa tra mmHg e DEN 6 mmHg - 40 DEN 12 mmHg - 70 DEN 18 mmHg - 140 DEN

Le tre classi di calze di supporto (sostegno) sono giustificate dal fatto che vanno considerati i vari momenti di insulto flebologico: - Familiarità, come fattore di rischio 6 mmHg - 40 DEN - Attività che prevedono stazione eretta o seduta prolungate 12 mmHg - 70 DEN - Vulnerabilità momentanee (gravidanza) 18 mmHg - 140 DEN

Se è già manifesta una varicosi venosa, questa tipo di calze di contenzione è controindicato, in quanto, non essendo adeguatamente calibrato, viene a comprimere la radice della coscia, bisogna allora ricorrere alle calze terapeutiche.

2) CALZE TERAPEUTICHE Sono intessute con elastomeri, ed hanno comportamento bielastico: esplicano una compressione gradualmente decrescente dalla caviglia alla coscia, con gradiente di >20 mmHg. Più in dettaglio: - compressione del 100% alla caviglia - compressione del 70% al polpaccio (massima circonferenza) - compressione del 40% alla coscia (massima circonferenza). Le calze terapeutiche costituiscono un metodo di terapia, la più efficace, che viene affidata al Paziente una volta conseguito l’obiettivo della guarigione dell’ulcera.

Le calze terapeutiche si qualificano in 4 classi. 1^ Classe - 20-30 mmHg - Analogia con le Bende a “LUNGA”. Contenimento superficiale leggero. Utile per: - varici semplici (senza edema) - varici della gravidanza - sindrome pre-varicosa. 2^ Classe - 30-40 mmHg - Analogia con le Bende a “MEDIA”. Contenimento superficiale discreto. Utile per: - varici con segni di IVC (insufficienza venosa cronica) - ulcera venosa cicatrizzata - varici in gravidanza con edema (insufficienza delle perforanti!) - recente post-operatorio flebologico - linfedema di grado medio. 3^ Classe - 40-50 mmHg - Analogia con le Bende a “CORTA”. Contenimento medio-profondo. Utile per: - sindrome post-flebitica - edema post-traumatico - insufficienza venosa profonda - linfedema al 2° stadio. 4^ Classe - 50-60 mmHg - Analogia con il Bendaggio Fisso. Contenimento profondo extra-forte. Impediscono l’allargamento latero-laterale dei ventri muscolari in contrazione. N.B. Tutte le calze terapeutiche (con pressione > 20 mmHg) vanno rimosse di notte.

NORME PER LA CORRETTA PRESCRIZIONE

E’ fondamentale valutare alcuni elementi con attenzione. - Diagnosi corretta della condizione patologica da curare. - Caratteristiche del Paziente, per età e condizioni generali influenzanti la morfo logia delle gambe; - Serietà professionale del venditore, affinché la calza elastica sia propriamente scelta e consigliata, conforme alla prescrizione medica o potrebbe tutto vanifi- carsi.

Per infilare la calza, senza sfibrarla e danneggiarla definitivamente, bisogna: 1) Ribaltare la calza. 2) Infilare la punta del piede. 3) Ri-ribaltare la calza sulla gamba.

La calza con supporto di cotone o in microfibra è meglio accettata della calza con supporto sintetico. Misure abituali: small, medium, large - corto, lungo, plus (misure forte polpaccio-coscia), o su misura.