Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -


  Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -  

cell. 338-2518571

Ambulatorio I.O.T. (Istituto Ortopedico Toscano) - Firenze 055-6577269 (viale Michelangelo, 41)

 

I QUADERNI DI HELIOS • LE ULCERE CRONICHE DEGLI ARTI INFERIORI

 IL RUOLO DEL BENDAGGIO ELASTICO NELLA TERAPIA DELLE ULCERE VENOSE

Roberto Polignano* - Battistino Paggi° - Vincenzo Mattaliano^

        Riabilitazione Cardiovascolare - Ambulatorio Ulcere Vascolari – IOT – ASL 10 Firenze.

      °    ASL 13 Novara

      ^    Reparto di Angiologia e Cardiologia – Clinica Barbantini – Lucca

 

INTRODUZIONE

Le ulcere venose degli arti inferiori costituiscono una grave patologia che colpisce dallo 0.3 al 3% della popolazione e che incide in modo significativo sulla spesa sanitaria e sociale [1]. È una patologia soprattutto dell’anziano e costituisce una situazione di estremo disagio per la qualità di vita del Paziente e della sua famiglia.

Studi sull’elastocompressione hanno evidenziato come bendaggi e calze elastiche costituiscano un valido trattamento di tale patologia, soprattutto in considerazione dell’ottimo rapporto costo-beneficio[2]. Altri studi internazionali [3,4] hanno evidenziato la superiorità dei trattamenti eseguiti da personale specificamente addestrato nell’uso di medicazioni avanzate e

di bendaggi elastici, in termini di una maggior percentuale di guarigioni.

Bendaggi e sistemi di tamponi per compressioni selettive sono noti fin dai tempi di Ippocrate. Tali forme di compressione sono state perfezionate nei secoli ed oggi vengono caratterizzate per la loro composizione, elasticità ed adesività. 

Molto si deve al Prof. Stemmer che circa 20 anni fa apriva una nuova era di studio dei meccanismi fisiopatologici sui quali si basa il trattamento elastocompressivo[5].

Definizione ed azione della compressione elastica

La terapia elastocompressiva consiste nell’applicazione sulla superficie cutanea di una pressione esterna destinata a controbilanciare le pressioni intravenose patologiche.

Durante la stazione eretta immobile la pressione venosa nella safena interna a livello del malleolo con paziente eretto e immobile è espressione della pressione idrostatica tra l’atrio destro e il punto dove viene rilevata la pressione: circa 90

mmHg. In pratica è come se si avesse sempre uno stato di IPERTENSIONE VENOSA e tale situazione è UGUALE nel SANO e nel FLEBOPATICO. 

Durante la deambulazione, nel soggetto sano, vi è una riduzione della pressione al malleolo compresa tra 25 e 35 mmHg [6]. Nel soggetto flebopatico invece, a seconda della gravità dell’insufficienza venosa sottostante, tale riduzione

è minore o addirittura, nei casi più gravi, si ha addirittura un aumento. L’ipertensione venosa, causata principalmente dal mancato frazionamento della colonna di pressione da  parte delle valvole incontinenti che provoca l’aumento della pressione idrostatica[21], si ripercuote a livello del microcircolo creando uno squilibrio tra pressione di filtrazione e di

riassorbimento del liquido interstiziale. L’aumento della pressione transmurale (PTM=PV/PT PTM: press. Transmurale; PV: pr.venosa; PT: pr.Tissutale) favorirà quindi la formazione di edema [21]. L’edema è il primo sintomo delle alterazioni della rete capillare che, se la causa persiste, evolverà verso una vera e propria interstiziopatia fino alla trombosi capillare e alla necrosi tessutale, aspetti microcircolatori del quadro clinico caratterizzato da lipodermatosclerosi e ulcera [7].

L’elastocompressione ha dimostrato effetti positivi sul macro e microcircolo in corso di insufficienza venosa cronica: riduzione del calibro venoso e dei reflussi patologici e aumento della velocità del sangue [8], riduzione del sovraccarico

valvolare [9], accelerazione del trasporto linfatico [10], miglioramento delle condizioni dell’interstizio [11], diminuzione della pressione interstiziale ed endolinfatica [12].

L’elastocompressione aumentando la pressione tissutale ed abbassando la pressione transmurale riduce l’edema, la flebostasi e l’ipertensione venosa migliorando l’ischemia e le manifestazioni cliniche dell’IVC [21].

Azione della compressione

La pressione esercitata sulla superficie cutanea dal sistema elastocompressivo è data dalla Legge di Laplace P = Tn/rh

(P = pressione esercitata sulla superficie cutanea n = numero di spire applicate T = tensione del tessuto elastico r = raggio di curvatura della superficie compressa h = altezza benda).

Si intuisce dall’applicazione della formula che, a parità di tensione applicata, la pressione decrescerà con l’aumentare del raggio di curvatura dell’arto. Senza variare quindi la tensione di applicazione, sfruttando la normale conicità della gamba, otterremo una pressione graduale dal basso verso l’alto. Un altro modo di sfruttare la Legge a nostro vantaggio è quello di ridurre il raggio della superficie da bendare con l’applicazione di spessori supplementari (pads, pelottes, gomma piuma, spessori in latex, in poliuretano, caucciù o silicone) o aumentando con l’applicazione di cotone di Germania o viscosa per la protezione ad esempio delle sporgenze ossee ed ottenere rispettivamente un aumento o una riduzione della pressione applicata (fig. 1). Avremo così particolari forme di compressione denominate rispettivamente:

C.CONCENTRICHE: che agiscono in funzione della tensione del tessuto e delle variazioni di volume dell’arto durante la deambulazione. 

C.ECCENTRICHE: Positive: in cui la pressione risulta aumentata - Negative: in cui la pressione risulta diminuita.

Tralasciando comunque i particolari della Legge, occorre sottolineare la necessità di sfruttare questi principi per ottenere un bendaggio efficace utilizzando bende elastiche, applicando una tensione costante, ed utilizzando un bendaggio a più strati (2, 3 o 4) sovrapposti in diversi modi, per correggere e sfruttare il diverso raggio dell’arto. Quando il numero

degli strati aumenta, l’elasticità del bendaggio diminuisce.

Durante la deambulazione l’arto subisce delle variazioni di volume per l’alternarsi delle contrazione e rilassamento. In relazione alle varie fasi della deambulazione e al riposo, si possono distinguere due tipi di pressione esercitate da

una benda:

PRESSIONE DI RIPOSO: corrisponde alla Pressione di applicazione

(forza necessaria per estendere la benda all’applicazione) e dipende dalle Caratteristiche di elasticità proprie della benda (capacità di riprendere la forma originale dopo l’estensione). 

La pressione di Riposo viene misurata sull’arto non in movimento. Meno estensibile è il materiale e minore è la pressione di riposo.

PRESSIONE DI LAVORO: risulta dalla Resistenza che la benda oppone alla espansione dei muscoli al momento della loro contrazione.

La pressione di lavoro viene sempre misurata nell’arto in movimento. Meno estensibile è la benda e più elevata è la pressione di lavoro. Le pressioni che ne deriveranno saranno quindi diverse a seconda del materiale utilizzato come si può osservare nella fig. 2 

Bisogna quindi sottolineare l’importanza che la mobilizzazione del paziente ha per un’adeguata efficacia dell’elastocompressione.

 

Il bendaggio nella pratica clinica

 

Sulle tecniche di applicazione delle bende ci sono spesso alcune differenze tra i diversi operatori, ma pareri concordi sui principi fondamentali .Nella pratica clinica vi sono alcuni parametri che devono essere sempre considerati prima

dell’applicazione di qualsiasi bendaggio:

        il tipo di patologia da trattare

        la compliance del Paziente

        il livello di deambulazione del Paziente

        il tipo e la frequenza delle medicazioni

        le caratteristiche della cute

        la disponibilità del materiale

        la possibilità di una collaborazione familiare

                eventuali controindicazioni generali ed in particolare

        presenza di una arteriopatia obliterante.

In particolare, Pazienti non deambulanti, intolleranti di qualsiasi costrizione, o ancora affetti da un dolore insopportabile o non adeguatamente motivati, avranno una compliance probabilmente insufficiente.

Nella scelta di bendaggi mobili, solitamente confezionati a domicilio, dovremo essere sicuri delle capacità tecniche di un familiare, del Paziente o del personale sanitario domiciliare. Ricordiamo poi che difficilmente il Paziente toglierà un bendaggio fisso adesivo e che questo tipo di bendaggio, anelastico o a corta estensibilità, al contrario di quello a media-lunga estensibilità, dovrà essere confezionato da personale esperto.

Il materiale che possiamo utilizzare per confezionare un bendaggio è sostanzialmente costituito da:

materiale di protezione, assorbimento e fissaggio (cotone di Germania, bendaggi coesivi leggeri, mousse) e materiale per

        compressioni eccentriche;

bende anelastiche (bende rigide all’ossido di zinco, Circ-Aid)

        bende a corta esensibilità (40-70%)

        bende a media estensibilità (70-140%)

        bende a lunga estensibilità (>140%)

Le bende a corta estensibilità possono essere adesive/coesive o non adesive, ma spesso si preferiscono le prime per permettere un bendaggio fisso più stabile che possa restare in sede per alcuni giorni. Il bendaggio fisso può essere confezionato anche con una benda all’ossido di zinco, anelastica, che darà alte pressioni deambulatorie

e basse a riposo (purché non si dia troppa tensione alla benda) permettendo al Paziente di tenerlo anche la notte. Le bende a media-lunga estensibilità sono generalmente non adesive, vengono messe al mattino e tolte la sera; al contrario delle precedenti creano una pressione elevata a riposo che, però, s’incrementa poco durante la deambulazione. Possono

essere bendaggi più sicuri, ma meno efficaci per la riduzione dell’edema e spesso si dislocano richiedendo un nuovo confezionamento durante la giornata [13].

Il bendaggio è controindicato in quei pazienti che presentano una patologia arteriosa severa (Indice di Winsor < 0,6), ma con particolari attenzioni e su indicazione specialistica, potrebbe essere utilizzato anche in in presenza di una patologia arteriosa meno severa (I. Winsor 0-6-0,8)[14]; è controindicato nei casi di scompenso cardiaco non controllato e accompagnato da edemi declivi. È possibile con particolari cautele e sotto stretto controllo medico nei Pazienti

diabetici o con vasculite.Nel posizionare il bendaggio dovremo utilizzare alcune norme generali:

        il Paziente sarà generalmente disteso

        con gamba rilassata

        piede a 90° e leggermente rialzato

                 il bendaggio dovrà essere esteso dalla radice

        delle dita fin sotto il ginocchio

        generalmente con bende alte da 7,5 a 10cm

                dovrà garantire una pressione adeguata ed  uniforme

        ed essere ben accetto dal Paziente

In caso di ulcera con eccessivo essudato o che necessiti ispezioni frequenti, sarà più pratico e meno dispendioso un bendaggio mobile rispetto ad un bendaggio fisso spesso non riutilizzabile. 

Il primo strato è di solito costituito da uno strato di cotone di Germania o di salvapelle (mousse sintetica) che potrà avere diverse funzioni: quella di correggere eventuali anomalie del raggio della gamba, come spesso possiamo osservare nelle

distrofie dell’insufficienza venosa cronica (ad es.  una gamba a “fiasco rovesciato”); in presenza di ulcera potrà aiutare l’assorbimento di un essudato abbondante ed infine potrà essere utile per evitare eventuali danni, legati sia alla formazione di lacci per sovrapposizioni alterate o per dislocazione del bendaggio durante la deambulazione in arti difficili o all’eccessiva pressione esercitata sulle sporgenze ossee della gamba.

Lo strato successivo sarà costituito da una benda a corta-media estensibilità, che sarà scelta in base alla presenza o meno di edema, al tipo di ulcera, alle capacità deambulatorie del Paziente e alla possibilità di lasciare in sede la benda per più tempo.

Il tipo di tecnica sarà variabile: generalmente in pazienti con piede normale si consiglia di svolgere la benda con un movimento avvolgente in supinazione, sollevando cioè il margine mediale dal piano plantare così come si fa anche in presenza di un appiattimento della volta plantare.

In caso di piede cavo con margine mediale sollevato, si applicherà la benda con movimento avvolgente in pronazione cercando di abbassare il margine mediale e di sollevare il margine laterale dal piano plantare. Comunque non vi sono evidenze scientifiche che la rotazione della benda in un senso o nell’altro influenzi in qualche modo la guarigione delle ulcere. Inoltre difficilmente un bendaggio elastico, anche se a  corta elasticità, potrà influenzare la curvatura

della volta plantare dal momento che viene sempre usato con interposizione di altri materiali (mousse, cotone di germania, crespata) che ne limitano enormemente la possibilità di grip, cosa che invece avviene sempre nei bendaggi

funzionali ortopedici con bende adesive e cerotti adoperati a “pelle”.

Si potrà utilizzare una tecnica di avvolgimento “a spirale”, sovrapponendo le spire della metà o di 2/3, oppure in alternativa una tecnica “a otto” o “a lisca di pesce” che creando una maggior sovrapposizione di strati darà una maggior rigidità

e quindi maggior pressione a parità di tensione e di tipo di benda. Il bendaggio potrà essere sostituito una o due volte alla settimana ed ogni volta che la riduzione dell’edema lo renderà inefficace.

Nel confezionare un bendaggio fisso all’ossido di zinco dovremo tener conto di ulteriori attenzioni. 

La benda anelastica non dovrà essere tesa ma stesa per evitare la formazione di strozzature, e dovrà seguire le curvature dell’arto con tecnica “a srotolamento”; eventuali incroci o pieghe saranno fatti in zone protette e non a rischio; un’altra tecnica prevede che la benda possa essere stesa evitando che giri completamente intorno all’arto, ripiegandola

su se stessa ogni volta sulla linea mediana posteriore della gamba, con spire “a ferro di cavallo” e proseguendo ad ogni giro con un’inclinazione verso l’alto. Questo tipo di tecnica permetterà inoltre, una volta indurita la benda, di poterla togliere senza necessità di forbici, semplicemente tirandola dal davanti come un gesso tagliato sul dietro.

Ed infine osserviamo sempre l’aspetto del bendaggio confezionato e non dimentichiamo di ripetere al Paziente per l’ennesima volta di camminare.

 

Il bendaggio multistrato

 

Il sistema di bendaggio compressivo multistrato,  specifico per il trattamento delle ulcere venose degli arti inferiori, è in grado di produrre ottimi risultati su pazienti con indice braccio\ caviglia di almeno 0,8. È controindicato in quei pazienti che presentano una patologia arteriosa severa, in quelli che presentano uno scompenso cardiaco non controllato e accompagnato da edemi declivi. È possibile l’applicazione, ma sotto stretto controllo, nei pazienti diabetici e nei pazienti con artrite reumatoide.

Il successo del bendaggio multistrato è legato a valutazioni più ampie che vanno da un approccio sanitario e gestionale basato sulla ricerca, ad un approccio integrale per il paziente che tenga conto di qualità, costi ed efficacia[15].

Il sistema di bendaggio a quattro strati è stato sviluppato per produrre una compressione efficace, graduata e sostenuta al tempo stesso, senza dimenticare un buon rapporto fra costo e trattamento.

Compressione efficace: l’efficacia della tecnica di bendaggio compressivo multistrato è stata clinicamente dimostrata con studi eseguiti sia presso ospedali sia presso strutture territoriali [16]. 

Il sistema di bendaggio compressivo multistrato assicura una pressione di circa 40 mmHg alla caviglia, decrescente a 17 mmHg al ginocchio.  Blair [17] ha dimostrato che tale sistema mantiene un livello di compressione efficace almeno

per una settimana senza necessità di cambiare il bendaggio nonostante la riduzione dell’edema.  Rapporto costo/trattamento: un cambio settimanale del bendaggio riduce drasticamente il tempo necessario alla gestione delle ulcere dell’arto inferiore da parte del personale clinico.

Significativi sono già i risultati di alcuni studi che hanno permesso di evidenziare risparmi significativi nell’ambito del costo per singolo trattamento [18].

Si dovrà porre particolare attenzione, come per qualsiasi altro tipo di bendaggio, in sede di prima applicazione. Sarà quindi utile procedere come segue:

1.sottoporre il paziente ad una visita accurata, che escluda la presenza di malattie arteriose; consigliabile l’impiego di un doppler ad onda continua (minidoppler);

2.considerando che il sistema di bendaggio è stato espressamente studiato per dare i migliori risultati su caviglie della circonferenza tra i 18-25cm, sarà opportuno misurare la circonferenza della caviglia ed accertarsi che la stessa sia

superiore ai 18 cm. (eventualmente aumentare il raggio con adeguate imbottiture);

3.accertarsi che la circonferenza della caviglia stessa, per effetto dell’assorbimento dell’edema non sia cambiata; a tale scopo è importante rimisurare sempre la circonferenza dopo un primo periodo di trattamento;

4.analizzare l’arto del paziente per individuare possibili prominenze ossee o fibrosi della gamba al fine di poterle opportunamente pro-teggere ad esempio con la prima benda di viscosa del sistema stesso.

5.escluderne l’impiego in pazienti arteriopatici (con un indice di pressione braccio/caviglia inferiore allo 0,8) o su pazienti diabetici con microangiopatia in stato avanzato.

Ogni kit di bendaggio si compone di una prima benda assorbente naturale costituita da un 100%

di viscosa, anaelastica, in grado di garantire una alta assorbenza, una buona conformabilità, una

bassa perdita di fibra ed una elevata tollerabilità  grazie alla sua naturale morbidezza. Essa consente

di proteggere le zone a più elevato rischio, di ridistribuire adeguatamente la pressione e di

garantire un buon assorbimento dell’essudato. 

La sua applicazione, dopo il fissaggio a livello delle teste metatarsali e l’ordinato avvolgimento

del collo del piede e del tallone, si sviluppa a spirale con sovrapposizione del 50% senza alcuna

tensione sino alla tuberosità tibiale fin sotto il ginocchio.

Una seconda benda, in crespo di cotone con  un’estensibilità del 45%, consente un’ulteriore

attività assorbente, completa il modellamento della benda precedente e si dimostra altrettanto

morbida. Rifinisce quindi quanto preparato con la benda n.1, ne consente il fissaggio, contribuisce

ad elevare le capacità di assorbimento del sistema stesso e in ultimo consente un buon

ancoraggio alla terza benda evitando un facile scivolamento verso il basso. La sua applicazione

si differenzia dalla precedente solo per una minima tensione che deve essere impressa nel

momento in cui si srotola la benda sull’arto, sempre con tecnica a spirale e sovrapposizione

del 50%.

La terza benda è in grado di esercitare una compressione leggera (17 mmHg alla caviglia), ma

possiede una elevata elasticità (estensibilità superiore al 150%), presenta una linea centrale

colorata, che funge da guida nell’applicazione. La sua applicazione, dopo il fissaggio a livello

delle teste metatarsali e l’inglobamento del collo del piede e del tallone, si sviluppa con una figura

ad otto con sovrapposizione del 50% ed una tensione pari al 50% della massima estensibilità

della benda. Dopo il suo posizionamento è opportuno controllarne il grado di tensione

esercitato oltre che la compattezza e la tenuta nei punti di sovrapposizione.

La quarta benda a media estensibilità, coesiva e soffice è in grado di garantire una compressione

elastica moderata di 23 mmHg alla caviglia e costituisce l’amalgama di fissaggio di tutto il

sistema di bendaggio multistrato. Alla fine del confezionamento, dopo aver attentamente

osservato l’assenza di difetti nelle sovrapposizioni, è anche consigliabile un rimodellamento

manuale degli strati sovrapposti al fine di garantire una miglior tenuta del bendaggio stesso. 

A differenza di un bendaggio anelastico, il bendaggio a quattro strati sarà più stabile nel tempo

anche in caso di riduzione dell’edema nei primi giorni di trattamento [17].

 

Conclusioni

 

Da quanto esposto fino ad ora, risulta evidente che circa il 70-80% delle ulcere degli arti, cioè

quelle che presentano un’eziologia prevalentemente venosa, può essere trattata con un’adeguata

elastocompressione. Se condotta con tecnica appropriata e materiale idoneo, tale terapia

porterà alla guarigione del 70% circa di ulcere entro 12-24 settimane [13]. Sarà naturalmente

importante conoscere bene le tecniche di applicazione, i vari materiali e motivare adeguatamente

ogni Paziente. Non dobbiamo trascurare, soprattutto per i servizi territoriali, la possibilità

di disporre di kit già pronti per il bendaggio multistrato, sistemi sviluppati per produrre una

compressione efficace e costante nel tempo e sui quali disponiamo già di una grossa mole di

studi clinici [15,16,17,18].

Terapia elastocompressiva non significa solo bende elastiche, ma anche calze [19], pressoterapia

pneumatica intermittente [20] e linfodrenaggio manuale che comunque esulano dalla

nostra analisi, ma che sono stati ottimamente trattati dal Collegio Italiano di Flebologia nelle

recenti linee guida sulla terapia elastocompressiva [7].

Ricordiamo infine come la stessa Evidencebased Medicine dia una raccomandazione di

grado A (basata su grandi studi clinici randomizzati, meta-analisi, assenza di eterogeneicità)

per l’uso della terapia compressiva nel trattamento delle ulcere venose da stasi, pur senza

evidenziare superiorità significative tra i diversi tipi di bendaggio [14].

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21.Claude Franceschi Teoria e pratica della cura CHIVA. Cap.II A/B/C/D Pag. 19-59 Il ruolo del bendaggio elastico nella terapia delle ulcere venose