Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -


  Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -  

cell. 338-2518571

Ambulatorio I.O.T. (Istituto Ortopedico Toscano) - Firenze 055-6577269 (viale Michelangelo, 41)

 

ULCERA CUTANEA INFETTA: DALLA DIAGNOSI EZIOPATOGENETICA ALLA DIAGNOSI MICROBIOLOGICA E RUOLO DELLE MEDICAZIONI  NELLA GESTIONE DELLE ULCERE INFETTE

 

Roberto Polignano – Riabilitazione Cardiovascolare – IOT ASL 10 Firenze

Giovanni Mosti – U.O. Angiologia Clinica “Le Barbantine” - Lucca

 

 

Relazioni al congresso SIAPAV - Roma 2005

 

 

 

Abstract. The healing process of chronic and infected leg ulcers consists of a balance between the factors of host defense and a myriad of bacterial organisms. Each of the cellular processes of the wound healing scheme as well as the humoral mediators or messengers have been shown to be affected by bacteria. However, there are several barriers that can condition the healing process; the concept of Wound Bed Preparation (WBP) has intoduced the way to fight them. WBP is an essential process to obtain maximum benefits from today's advanced wound care products. Removing these barriers may accelerate healing or facilitate the effectiveness of other therapeutic measures. The TIME principle provides a systematic approach to the management of wounds, by focussing on each stage of wound healing and allows the wounds to heal. TIME is based on intervention in four clinical areas and leads to an optimal wound bed. One of the most important of these barriers is infection. Various studies have demonstrated that >105 bacteria/gram of tissue not only impair the specific processes, but also impair clinical healing and have shown that closure of wounds are not successful in the presence of an excessive bacterial burden. Recent data demonstrate that humoral mediators such as growth factors are also impaired by >105 bacteria/gram of tissue. Infection diagnosis is based on the clinical evaluation of specific signs, while the microbiological diagnosis is mainly based on several techniques, including harvesting of a deep tissue biopsy, sampling wound fluids by needle aspiration where enough volume exists, and wound swabbing. Biopsy and wound swab results seem to be well correlated. The most frequent bacteria in chronic leg ulcer are the Staphylococcus aureus and the Pseodomonas aeruginosa, but the streptococcus beta-emoliticus, although less frequent, must be always taken into consideration being very dangerous for massive skin damages. The therapy for infection consists of sistemic antibiotics and of an optimal wound bed preparation, that is a good debridement, the control of bacterial amount and the exudate management. To obtain these results, advanced dressings, containing antiseptics (silver or iodine), have been nowadays introduced. Their advantages are the slow antiseptic release together with the moist wound healing. Topical antimicrobial therapy may be especially helpful to overcome the deleterious effects of bacteria in specific circumstances, for example, the removal of biofilms, where bacteria encased in slime layers are less susceptible to antibiotics and have been implicated in persistent infections. Topical antimicrobial agents usually have a non-specific mode of action and therefore the opportunity for unwanted patient effects exist, but there is a lesser chance of the development of resistance in microbial species.

Riassunto. Il processo di guarigione delle ulcere cutanee croniche infette è il risultato di un equilibrio tra difese del paziente e quantità di germi presenti. Oltre alla presenza di batteri altri ostacoli si interpongono alla guarigione dell’ulcera. Per identificarli e renderne più facile la gestione, è stato introdotto il concetto della Wound Bed Preparation (WBP) e successivamente, per meglio inquadrarne i principi, è stato coniato l’acronimo TIME. La WBP consiste nella preparazione ottimale del letto della ferita, grazie all’esecuzione di un buon debridement, al controllo dell’infezione, all’adeguata gestione dell’essudato e alla correzione delle atipie cellulari della matrice. TIME ne specifica le fasi operative. Uno degli ostacoli più importanti alla guarigione è costituito dall’infezione. Diversi studi hanno dimostrato che in presenza di un’eccessiva carica batterica, il processo di guarigione è rallentato e per cariche batteriche superiori a 105 anche i fattori di crescita vengono inibiti. La diagnosi di infezione si basa sull’osservazione clinica e sulla presenza di alcuni segni caratteristici, mentre la diagnosi microbiologica si basa sull’esecuzione di diverse tecniche tra cui le più significative sono la biopsia ed il tampone semiquantitativo, i cui risultati sembrano essere ben correlati. I germi che si riscontrano più frequentemente nelle ulcere degli arti inferiori sono lo Staphylococcus aureus, e lo Pseodomonas aeruginosa, anche lo streptococco beta-emolitico, benché più raro, dev’essere sempre attentamente considerato, in quanto capace di provocare danni tessutali molto gravi. La terapia di un’ulcera infetta si basa sulla somministrazione di antibiotici per via sistemica e su una buona WBP, che consiste in un efficace debridement, nel controllo della carica batterica locale e nell’adeguata gestione dell’essudato. Per ottenere questi risultati sono state introdotte in commercio nuove medicazioni che uniscono gli effetti del lento rilascio di antisettici (in particolare argento e iodio) e l’efficacia delle medicazioni avanzate, per favorire la guarigione in ambiente umido. L’uso degli antisettici topici può essere utile anche per il controllo dei biofilm, che costituiscono “foci protetti” di infezione e di resistenza batterica all’interno dell’ulcera, e che possono proteggere i batteri dall’effetto degli agenti antimicrobici. La non specificità degli antisettici permette di ridurre lo sviluppo di resistenze da parte dei batteri ed un minor uso di antibiotici per via sistemica.       

Introduzione. Le ulcere croniche degli arti inferiori sono caratterizzate da aspetti complessi che ne condizionano la guarigione e che le differenziano sostanzialmente da quelle acute. Alcune condizioni negative sono comuni alle due forme, come l’edema, l’infezione, le alterazioni emodinamiche e le condizioni generali del paziente; altre, sicuramente più complesse, sono caratteristiche delle forme croniche, come la carica e la diversa tipologia batterica, la presenza di tessuto necrotico, di slough e di essudato e le alterazioni della matrice cellulare con conseguente deficit di fattori di crescita. Per razionalizzare l’intervento di correzione di questi fattori è nato il concetto di Wound Bad Preparation (WBP) o "preparazione del letto della ferita" con il quale s’intende la gestione globale e coordinata della lesione, volta ad accelerare i processi endogeni di guarigione, ma anche a promuovere l'adozione di misure terapeutiche efficaci (Romanelli 2003). Recentemente per inquadrare meglio i principi della WBP, si è fatto ricorso all’acronimo inglese TIME (Tissue, Infection or Inflammation, Misture imbalance, Epidermal margin) per indicare quali elementi devono essere corretti nella preparazione del letto della ferita; ed in particolare:

- Tissue (Tessuto): è necessario ripristinare il fondo della ferita e le funzioni della matrice extracellulare attraverso un adeguato debridement (chirurgico o non chirurgico, episodico o continuo);

- Infection or Inflammation (Infezione o Infiammazione): la presenza di un’elevata carica batterica o di un prolungato stato infiammatorio provoca un incremento delle citochine infiammatorie e di attività proteasica con riduzione dei fattori di crescita. Bisogna agire per correggere questi fattori con l’uso di antimicrobici, antinfiammatori ed inibitori delle proteasi;

- Moisture imbalance (Squilibrio Idrico, Essudazione): un’eccessiva essiccazione della ferita rallenta la migrazione delle cellule epiteliali, mentre un eccesso di liquidi può causare macerazione dei margini della ferita e ritardo di guarigione. Questi estremi vanno gestiti con l’uso di medicazioni che mantengano un adeguato grado di umidificazione dell’ulcera e correggendo l’edema, spesso presente;

- Epidermal margin (Margini dell’Epidermide): le ulcere croniche sono spesso caratterizzate dalla presenza di cheratinociti con deficit di migrazione e di fibroblasti che non rispondono agli stimoli, con conseguente ritardo della rimarginazione dei tessuti. Dobbiamo quindi facilitare la migrazione dei cheratinociti e la risposta dei fiobroblasti con metodiche come il debridement, i trapianti cutanei, i materiali biologici o altre terapie biostimolanti.

 

Patogenesi. La diagnosi e il trattamento dell’infezione nelle ulcere cutanee croniche costituisce quindi un aspetto importante nella loro gestione, in considerazione anche del fatto che la maggior parte dei pazienti viene trattata con antibiotici topici o sistemici per lunghi periodi (Tammelin 1998), con conseguenti problemi di costi, resistenze ed effetti collaterali. L’eccesso di trattamento antibiotico può essere legato alla soggettività con la quale viene interpretato il quadro clinico di infezione e alla scarsa applicazione delle principali linee guida sul trattamento delle ulcere croniche cutanee infette. E’ noto che tutte le ulcere contengono batteri; la contaminazione dell’ulcera è definita dalla presenza di microrganismi non replicativi, mentre la colonizzazione è definita dalla presenza di microrganismi replicativi senza segni di reazione da parte dell’ospite. Talvolta il meccanismo di colonizzazione può essere addirittura positivo, proteggendo l’ospite dalla riproduzione di germi patogeni: germi come i Corynebatteri o gli Streptococchi Viridans hanno dimostrato accelerare il processo di guarigione dell’ulcera. L’infezione dell’ulcera è invece definita dalla presenza di microrganismi replicativi con reazione da parte dell’ospite, ed è fortunatamente più rara della contaminazione e della colonizzazione (Dow 2001). Tutte le ulcere croniche contengono dunque batteri e la loro presenza non indica necessariamente l’esistenza di un’infezione o soprattutto non comporta obbligatoriamente un ritardo di guarigione. (Kerstein 1997; Dow et al., 1999).  

Ci sono quindi altri fattori che insieme alla carica batterica determinano la comparsa di infezione; fra questi la quantità di tessuto necrotico e di essudato, il numero dei microrganismi, la patogenicità dei batteri e le difese dell’organismo ospite. Nonostante la carica batterica e la virulenza rappresentino fattori importanti nell’evoluzione di un processo infettivo, la resistenza dell’organismo ospite rimane un elemento di importanza critica e rappresenta la variabile più importante nella patogenesi di un’infezione dell’ulcera e deve essere quindi valutata ogni qualvolta un’ulcera cronica non presenti tendenza alla guarigione (Dow et al. 1999, Sibbald et al. 2000). La resistenza dell’ospite può essere determinata da fattori locali (sede, dimensione, profondità, tempo di comparsa dell’ulcera e situazione vascolare) e sistemici (disordini metabolici, diabete mellito, vasculopatie, edema, malnutrizione, fumo, assunzione di droghe o abuso d’alcool, farmaci immunosoppressivi) (Dow et al. 1999, EWGCLI 1991; Carter 1993).

Un altro fattore favorente lo sviluppo di infezione è stato introdotto concettualmente da Falanga nel 2000; egli ha suggerito come la presenza di strati di materiale aderente al letto dell’ulcera, definiti “biofilm”, rappresentino un elemento importante nella patogenesi dell’infezione. Essi sono costituiti da colonie batteriche altamente organizzate che permettono ai microrganismi di interagire vicendevolmente scambiandosi nutrienti e metaboliti. Costituiscono in pratica dei “foci protetti” di infezione e di resistenza batterica all’interno dell’ulcera, e possono proteggere i batteri dall’effetto degli agenti antimicrobici, antibiotici ed antisettici (Davey e O’Toole 2000).

 

Diagnosi. La diagnosi di infezione delle ulcere degli arti inferiori è comunque sostanzialmente clinica ed i segni che ne identificano la presenza sono almeno due tra i seguenti:

- comparsa o incremento del dolore,

- aumento dell’essudato e dell’edema,

- comparsa di un odore sgradevole,

- cambio di colorito del fondo dell’ulcera,

- comparsa di un eritema perilesionale,

- cambiamento dell’aspetto del tessuto di granulazione

- constatazione di un lento processo di guarigione o di un suo improvviso arresto.

I segni di infezione sono spesso localizzati nella sede dell’ulcera e nei tessuti perilesionali o possono raramente estendersi a tutta la gamba; in questo caso si osserva un quadro di cellulite o panniculite in zone più o meno vaste dell’arto.

Dal punto di vista microbiologico ci sono diverse tecniche per la quantificazione e l’identificazione dei germi, tra esse:

- biopsia

- tampone semiquantitativo o quantitativo

- irrigazione-aspirazione

- agoaspirato

- tecnica del vetrino rapido

 

Per identificare i germi responsabili dell’infezione sarebbe raccomandabile una biopsia del fondo dell’ulcera; la tecnica consiste nel prelievo di tessuto ulceroso con punch da 3-4 mm, il prelievo viene posto in centrifuga, con un volume noto di diluente. In questo modo si liberano i microrganismi dalla matrice tessutale. L’omogenato viene quindi sottoposto a progressive diluizioni e posto in coltura (aerobi ed anaerobi). Dopo l’incubazione, viene effettuata la conta delle colonie con lettura dopo 18-24h e, se negativo, fino a 5 giorni. Tale

 tecnica però espone a rischi quali emorragie, diffusione dell’infezione, comparsa di dolore e spesso non è ben accettata dal paziente. E’ quindi raccomandabile prelevare almeno un tampone della ferita, arricchito con essudato e col materiale ottenuto dal curettage dei bordi dell’ulcera o con l’aspirazione di materiale purulento, dopo aver ben deterso la ferita con soluzione salina. I risultati di questo esame devono però essere interpretati in modo critico in quanto le infezioni coinvolgono spesso i tessuti molli periulcerosi e non è quindi certo che il germe identificato nel letto della ferita sia lo stesso responsabile dell’infezione dell’ulcera; non va mai dimenticato inoltre che la maggior parte delle ulcere venose sono comunque colonizzate da batteri il cui riscontro in bassa percentuale, in assenza di segni clinici, non è significativo (Gilchrist 1997). Sembra, in ogni caso, che vi sia una buona correlazione tra i risultati ottenuti con la biopsia e quelli ottenuti con un tampone arricchito semiquantitativo, in particolare Ratliff nel 2002, ha evidenziato come u

na crescita batterica nel III e IV quadrante della capsula di Petri, si correlasse in modo significativo con una crescita batterica di 105 nel campione bioptico, con un 79% di sensibilità. E’ consigliabile, quindi, prima di procedere ad una biopsia, effettuare un tampone semiquantitativo e procedere con indagini più invasive solo in caso di fallimento della terapia o di aspetti dubbi dell’ulcera. Dal punto di vista microbiologico, si può parlare di infezione solo se sono presenti nel tessuto ulceroso o nell’essudato un numero di batteri superiore a 105 per grammo di tessuto o per millilitro di essudato (Hansson 1987).

E’ stato recentemente introdotto il concetto di “colonizzazione critica” della lesione, che descrive un rallentamento del processo di guarigione dell’ulcera in presenza di un elevato numero di batteri, pur senza segni clinici di infezione (Falanga 2000). Questo quadro clinico, frequente nelle ulcere venose, è legato a diversi fattori come la produzione di mediatori della flogosi, la produzione di cataboliti e tossine e infine il mantenimento dell’attivazione dei neutrofili con conseguente produzione di enzimi citolitici e di radicali liberi. E’ una situazione che va sempre sospettata nei casi in cui l’ulcera presenti un improvviso arresto o rallentamento del processo di guarigione, in assenza di altri fattori causali.

Una delle più temibili complicazioni delle ulcere degli arti inferiori è l’osteomielite che si sviluppa per contiguità dell’infezione dei tessuti molli con l’osso; ciò può accadere più facilmente in pazienti con ridotte difese immunitarie, come i diabetici, o quando vi siano problemi arteriosi o malattie sistemiche concomitanti; da qui l’importanza di procedere sempre ad una corretta valutazione generale del paziente (Caputo 1994). 

I germi che si riscontrano più frequentemente nelle ulcere degli arti inferiori sono lo Staphylococcus aureus, e lo Pseodomonas aeruginosa; lo streptococco beta-emolitico, anche se più raro, dev’essere sempre attentamente considerato, in quanto molto pericoloso e capace di provocare danni tessutali molto gravi (Thomson 1994).

Dubbio è ancora il ruolo di altri germi talvolta presenti nelle ulcere croniche e di difficile identificazione. Non è ancora chiara soprattutto l’importanza delle singole specie batteriche nelle infezioni polimicrobiche e non vanno dimenticati possibili danni provocati da micobatteri, funghi, virus e parassiti come la Leishmania, sul cui ruolo bisognerà ancora indagare.

 

Il ruolo delle medicazioni avanzate nelle ulcere infette. Una volta accertata l’infezione, il trattamento deve correggere sia le situazioni sfavorevoli locali sia quelle generali e non può prescindere dall’uso di una terapia antibiotica per via sistemica. Vanno quindi corretti: le alterazioni vascolari, l’edema, lo stato nutrizionale e gli altri fattori di rischio. E’ fondamentale migliorare la condizione locale dell’ulcera con un adeguato debridement, sbrigliamento della ferita, che consiste nella rimozione dei tessuti devitalizzati mediante tecnica chirurgica o con tecniche alternative (osmotica, fisica, autolitica, enzimatica o biologica) (Stege 2003); ciò permette la riduzione della carica batterica e crea le condizioni ottimali affinché le medicazioni sfruttino al meglio le loro funzioni, permettendo uno stimolo adeguato alla produzione di tessuto di granulazione e lo scivolamento delle cellule epiteliali dai bordi al letto della ferita.

L’uso di antibiotici per via topica rimane controverso, soprattutto per lunghi periodi, per il frequente sviluppo di resistenze batteriche, dermatiti da contatto e sensibilizzazioni. Nonostante ciò alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia di prodotti topici come la Mupirocina nell’impetigo da streptococchi beta emolitici o come la Sulfadiazina d’Argento nelle ustioni e nelle lesioni da pressione (Tunkela 2000, Hermans 1984, Kucan 1981). Per lo spettro d’azione più ampio, l’uso di antisettici topici è sicuramente preferibile a quello degli antibiotici locali [Colsky 1998). Uno dei limiti degli antisettici è dato dalla loro riduzione di efficacia quando diluiti in una grande quantità di essudato o di liquidi organici e dalla loro breve durata d’azione. Per superare tale problema sono state prodotte recentemente medicazioni avanzate contenenti antisettici a lento rilascio e che, associati a schiume poliuretaniche, idrofibre, alginati o gel, hanno permesso di inattivare i batteri nell’essudato assorbito dalla medicazione, riducendo la carica batterica sul letto della ferita. In particolare sono stati utilizzati iodio e argento, per la loro efficacia e sicurezza. A tal proposito si stanno moltiplicando gli studi che dimostrano gli effetti positivi di queste formulazioni non solo sul controllo dell’infezione ma anche sull’accelerazione del processo di guarigione. Ricordiamo inoltre come si fosse già osservata una riduzione delle complicanze infettive in ulcere trattate con medicazioni avanzate rispetto a quelle tradizionali, senza aggiunta di antisettici (Hutchinson 1990). Gli antisettici funzionano attraverso il rilascio di ioni e radicali liberi che si combinano con le proteine cellulari. Questo conduce a cambiamenti nella struttura della parete cellulare dei germi, al blocco della funzionalità dei corpi intercellulari e alla denaturazione del DNA e del RNA. Altri vantaggi consistono nell’efficacia contro un largo spettro di batteri, funghi, protozoi ed endospore, inclusi batteri resistenti agli antibiotici (MRSA, VRE) ed in minori effetti collaterali sistemici. Inoltre, se associati a medicazioni avanzate, permettono un miglior controllo dell’odore e del dolore, un miglior debridement e una migliore gestione dell’essudato. Possono anche ridurre la necessità di ricorrere ad antibiotici sistemici e possono essere utilizzati come profilassi per la prevenzione delle infezioni in pazienti a rischio elevato, come i diabetici o i vasculopatici. Ci sono tuttavia anche alcuni svantaggi nell’utilizzo degli antisettici, come la non selettività verso cellule umane o batteriche che può risultare in certa citotossicità, anche se ciò è stato prevalentemente studiato in vitro, e la loro breve emivita, che induce a applicazioni più frequenti, con aumento del costo per il personale infermieristico e un maggior disagio per il paziente; le soluzioni antisettiche tradizionali richiedono inoltre un supporto, come ad esempio una garza, che aumenta il rischio di essiccamento e di dolore alla rimozione. Gli antisettici associati a medicazioni avanzate hanno permesso di superare la maggior parte degli svantaggi appena citati grazie ad una migliore preparazione del letto della ferita, ottenuta attraverso una riduzione del bio-burden, un debridement più efficace ed una gestione ottimale dell’essudato. Le preparazioni moderne che contengono antisettici sono anche facili da applicare, sono più stabili e forniscono un rilascio continuato dell’antisettico, fino a 72 ore ed oltre, indispensabile al controllo della carica batterica.

Concludendo, l’uso di antisettici topici, soprattutto nelle nuove formulazioni è sicuro ed efficace nel controllo delle infezioni e nel promuovere i processi di riparazione ed i vantaggi del loro uso supera di gran lunga gli eventuali svantaggi (Drosou 2003).