Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -


  Servizio di Angiologia
e Ambulatorio per la diagnosi
e cura delle ulcere vascolari
degli arti inferiori
ASL 10 Firenze -  

cell. 338-2518571

Ambulatorio I.O.T. (Istituto Ortopedico Toscano) - Firenze 055-6577269 (viale Michelangelo, 41)

 

Il bendaggio elastocompressivo: elementi di base

 

Elastocompressione

Il bendaggio, se ben condotto, garantisce risultati ottimali, ma è indispensabile l’adozione di materiali accuratamente scelti. Vanno preliminarmente considerate le caratteristiche anatomiche che contraddistinguono arteria e vena. Il vaso ARTERIOSO, di sezione circolare, convoglia un flusso ematico di tipo laminare, più veloce al centro del lume, e più lento in prossimità dell’intima. Il vaso VENOSO, di configurazione appiattita, presenta invece una sezione ellittica, il cui asse è rappresentato non da un punto, ma da una linea: a questa corrisponde una lamina di flusso a massima velocità. Quando tuttavia si forma una varice, la sezione venosa tende ad assumere una configurazione circolare, perdendo la fisiologica conformazione ellittica. In tali circostanze, il bendaggio non serve a ridurre il raggio di sezione del vaso, bensì a ricostruire la normale sezione ellittica persa a causa della malattia varicosa. Accade dunque che il calibro della vena viene modificato in configurazione, e non ridotto in perimetro, viene pertanto sfruttata la “ legge di continuità.” E’ noto infatti che se un liquido incomprimibile scorre in un condotto indeformabile con portata costante, la sua velocità media risulta inversamente proporzionale alla sezione d’uscita. Q = VA Q= Portata (volume di fluido passato nell’unità di tempo) V = Velocità A = Sezione d’uscita

Con riferimento alla VARIANZA DI CURVATURA della superficie del segmento corporeo da bendare, sì distinguono due tipi di bendaggio flebologico:

1) BENDAGGIO FLEBOLOGICO ECCENTRICO (B.F.E) Questo tipo di bendaggio viene utilizzato a livello dei malleoli, nei quali, gli incavi laterali al tendine d’Achille rendono sinuoso il perimetro della sezione di gamba da bendare, sicché la compressione elastica risulta differente e varia, a seconda dei raggi di curvatura delle strutture anatomiche presenti. Per ovviare a tale situazione, vengono usati riempitivi di schiuma di lattice gommoso. Questi medesimi ausili possono venire usati, per converso, quando si desideri aumentare l’effetto comprensivo su particolari sezioni d’arto e per situazioni contingenti (ematoma da stripping...).

2) BENDAGGIO FLEBOLOGICO CONCENTRICO (B.F.C.) E’ il tipo di bendaggio di più comune esecuzione, quando cioè le spire d’avvolgimento vanno a ricoprire superfici con raggio di curvatura uniforme.

Viene attuato mediante l’uso di: a) Calze elastiche b) Bende elastiche c) Bende adesive

Il Bendaggio Flebologico, in rapporto al tempo di permanenza in uso, si articola in due categorie:

A) BENDAGGIO MOBILE (B.M.) Ha la caratteristica di poter essere dismesso periodicamente nell’arco delle 24 ore e di essere gestito direttamente dal paziente(es: le bende elastiche).

B) BENDAGGIO FISSO (B.F.) Viene impiegato per situazioni cliniche più importanti, quando appare necessario che permanga in situ per lunghi ed interrotti periodi(es: le bende adesive nella cura delle ulcere trofiche). In tal caso, comunque, vanno osservate norme scrupolose di applicazione, per evitare danni del microcircolo superficiale e del trofismo tissutale.

BENDAGGIO MOBILE (B.M.)

Il B.M. si realizza utilizzando vari presidi: a) Bende Elastiche (B.E) b) Bende Coesive (B.C.) le cui spire sono capaci di ancorarsi l’una sull’altra c) Bende Salvapelle (B.S.) costituite da materiale poliuretano, per la protezione di stazioni anatomiche delicate o fragili; d) Bende Tubulari (B.T.)

Le Bende Elastiche, che vengono adoperate per il Bendaggio Mobile, si classificano: 1) a CORTA estensibilità: l’estensione consente di aggiungere una lunghezza fino al 70% della lunghezza di riposo, l’elasticità residua è scarsa. Sono ben tollerate, in quanto esercitano una compressione modesta; 2) a MEDIA estensibilità: hanno un’estensione aggiuntiva compresa fra 70% e 140% della lunghezza di riposo; 3) a LUNGA estensibilità: con allungamento aggiuntivo oltre il 140% della lunghezza di base. La notevole elasticità residua, assai comprimente, può indurre sofferenza notturna. 4) B. BI-ELASTICHE: rientrano nella categorie delle bende a lunga estensibilità. Sono estensibili sia in lunghezza che in larghezza (ovvero altezza).

BENDAGGIO FISSO (B.F.)

Le bende elastiche, che vengono adoperate per il bendaggio fisso, sono: 1°) BENDE ADESIVE, che aderiscono alla cute assicurando una contenzione protratta nel tempo

2°) BENDE alle PASTE, intrise cioè di paste collanti (Ossido di zinco = ZnO; ittiolo-ZnO), che essiccandosi parzialmente creano uno stabile involucro contenitivo. Il B.F. viene molto usato per la cura delle ulcere venose. BENDAGGIO FLEBOLOGICO

Concentrico Eccentrico

MOBILE FISSO

 B.h B. tubulari B. Bi-adesive] B. coesive JBende salvapelle B. elastiche   - ZnO - ZnO + ittioloballe paste 

Corta E. Media E. Lunga E. Bi-elastiche

 Le bende semplicemente elastiche non consentono appiglio delle spire fraJ  Le bende coesive consentono l’appiglio delle spire fra]loro, né alla cute.   Le bende adesive consentonohloro, ma non alla cute: sono bende mobili.   L’ossido di Zinco vienebl’appiglio delle spire fra loro, ed anche alla cute.  usato per le sue caratteristiche plastiche, non medicamentose. L’ittiolo, invece, viene sfruttato per le sue azioni cheratoplastica ed antinfiammatoria.

Modalità d’azione dei BENDAGGI

Il Bendaggio Flebologico sfrutta situazioni diverse, a seconda che si desideri giovarsi di una PRESSIONE di RIPOSO (statica) o di una PRESSIONE di LAVORO (dinamica).

1) La PRESSIONE di RIPOSO (PdR) dipende essenzialmente dalla elasticità strutturale della benda che, in virtù degli elastomeri contesti, tende rapidamente a recuperare la lunghezza di base, una volta distesa per l’avvolgimento spirale. Notevole è l’elasticità residua. Si genera un effetto compressivo di superficie, che tuttavia non riesce a contrastare l’espansione dei ventri muscolari sottostanti.

2) La PRESSIONE di LAVORO (PdL) dipende invece dalla validità della espansione di contrazione dei muscoli delle gambe. Infatti i muscoli surali sono strutture capaci di accorciarsi durante la loro attività. Allora, i ventri muscolari si gonfiano in senso latero-laterale, esercitando utile azione di compressione e spremitura sui vasi venosi profondi. Tale azione pompa sul sistema venoso profondo intermuscolare potrà essere esaltata se un bendaggio a corta elasticità, quasi barriera, contrasterà l’espansione dei ventri muscolari verso l’esterno, indirizzandola verso l’interno. Le considerazioni finquì esposte consentono di acquisire alcune definizioni.

- ELASTOCOMPRESSIONE Attiene alla Pressione di Riposo. Si rapporta con le proprietà intrinseche del materiale di costruzione.

- CONTENZIONE ELASTICA Attiene alla Pressione di Lavoro. Si rapporta con l’effetto-pompa esercitato dai muscoli durante la marcia.

In sintesi: una benda iperelastica sviluppante elevata P.di Riposo, esercita scarsa P. di Lavoro; per converso una benda ipoelastica sviluppa una scarsa P.di Riposo, ma una elevata P.di Lavoro. I due tipi di pressione risultano in definitiva inversamente proporzionali tra loro, al variare dell’elasticità della benda adoperata al momento. La misurazione della Pressione Venosa può essere ottenuta con speciale manometro (COMPRITEST) la cui camera d’aria può essere inserita tra cute e bendaggio.

TECNICA DEL BENDAGGIO

L’esecuzione del Bendaggio Flebologico si basa su una serie di regole generali, che vanno poi personalizzate sul Paziente.

1) Capacità tecnica ed esperienza dell’Operatore Sanitario. Questi deve apprendere ad esercitare, sentendolo, lo stiramento più opportuno della benda in uso. Bisogna attendere al difficile traguardo per cui due o più persone dovrebbero saper applicare il bendaggio con pari ed esperta abilità, sì da determinare risultati finali ottimali. Per eliminare la “variabile-operatore”, l’industria del settore sta realizzando bende strutturate con elastomeri capaci di sviluppare la medesima tensione di avvolgimento, qualunque sia il grado di stiramento cui ciascun Operatore possa sollecitare la benda.

2) Personalizzazione del bendaggio. Ogni singola situazione patologica va trattata adeguatamente, valutando anche la conformazione anatomica delle strutture da bendare. E’ intuitivo che l’arto di una persona, relativamente giovane, mostra un profilo anatomico più sinuosamente modellato rispetto ad una più uniforme conformazione dell’arto di un anziano, specialmente a livello di caviglia, polpaccio, coscia. Per bendare adeguatamente tali tre segmenti va attuata la legge di Laplace:

P = T/R P = Pressione esercitata dal bendaggio T = Tensione di allungamento della benda R = Raggio del segmento da bendare

Provocando, quindi, una Tensione di allungamento pari a 100 in misura costante, si determinano matematiche variazioni di Pressione al variare del Raggio di ciascun segmento. Ad esempio:

Caviglia-R = 2 cm 100 : 2 = 50 mmHg ( pressione del bendaggio) Polpaccio -R = 4 cm 100 : 4 = 25 mmHg ( “ “ ) Coscia - R = 10 cm 100 : 10 = 10 mmHg ( “ “ )

Questo paragrafo riguarda specialmente il bendaggio mobile, da applicare quotidianamente per il solo arco diurno, e da rimuovere durante il riposo notturno a letto per evitare danni al microcircolo superficiale, assai dolorosi. E’ quindi indispensabile l’acqui-si-zione di una fine sensibilità propriocettiva , che sappia valutare la tensione d’allun-ga-mento della benda, per un suo uso ottimale. Torna opportuno ricordare l’importanza del numero degli strati elastici apposti. Anche un esile salvapelle , dopo 4-5 giri sovrapposti , provoca già una notevole sensazione di pressione cutanea. Analogamente una benda elastica provocherà maggiore o minore compressione a seconda che le sue spire d’avvolgimento si sovrappongano in misura del 75%-50%-25% della loro altezza.

3) Scelta dell’elasticità della benda . - per un’azione superficiale (varici) = effetto compressivo: bende a LUNGA elasticità e BIELASTICHE

- per un’azione medio profonda (vasi perforanti e comunicanti): bende a MEDIA elasticità

- per un’azione profonda (ulcere, sindrome post-trombotica) = effetto contenitivo bende a CORTA elasticità

4) Raggio del distretto Per soddisfare la legge di Laplace, bisogna dosare adeguatamente la tensione della benda per adattarla alle variazioni di spessore dell’arto.

5) Altezza della benda Più alta (larga) è la benda, meno uniformemente si distende ed aderisce alla superficie cutanea, generando pieghe e cordonature inopportune. Così pure accade che la zona centrale della benda esercita una pressione maggiore rispetto a quella che viene sviluppata sui margini.

6) Densità dei tessuti In presenza di un arto edematoso, il raggio della circonferenza varia in relazione alla riduzione dell’edema. Pertanto, nelle successive fasciature, va ridimensionata adeguatamente la tensione elastica della benda in uso.

7) Specularità anatomica dei due arti fra loro, che va rispettata anche nel condurre la rotazione, verso sinistra o verso destra, della benda intorno alla gamba, differenziando un arto dall’altro. L’Operatore inesperto tende spontaneamente a sistemare le bende con gesto avvolgente stereotipato indistintamente per i due arti, in senso orario o antiorario a seconda del suo atteggiamento psico-neurologico destrimane o mancino. Il principio di specularità esige, invece, movimento rotatorio levogiro (verso sinistra) per uno solo dei due arti, destrogiro (verso destra) per l’altro. In pratica, accade che l’operatore destrimane, nel bendare un arto sinistro, tenderebbe involontariamente a supinare il piede: a sollevarne cioè il margine mediale dal piano plantare. Quando il medesimo operatore benda un arto destro, sarà portato a pronare il piede, sollevando questa volta il margine laterale del piano plantare, quindi se un piede verrà supinato, e l’altro pronato, ne conseguirà una dissimetria emodinamica del circolo venoso di un arto rispetto all’altro. Pronazione e supinazione vanno provocate, col bendaggio elastico, per correggere e contrastare alcuni atteggiamenti errati del piede.

Piede PIATTO - margine mediale abbassato - margine laterale sollevato Bendaggio SUPINANTE - volta plantare collassata - sostiene la volta plantare - aumentata superficie d’appoggio plantare - avvolge: - ridotta velocità di flusso  piantaÙ mignolo Ù dorso Ùvenoso alluce 

Piede CAVO - margine mediale sollevato - margine laterale abbassato, scaricante Bendaggio PRONANTE - volta plantare iperarcuata - abbassa l’arco plantare - ridotta superficie d’appoggio plantare - avvolge: - minore estensione  dorso della suola venosa di LéjarsÙ mignolo Ù pianta Ùe spremitura alluce 

IN PRESENZA DI PIEDE NORMALE SI ADOTTA IL BENDAGGIO SUPINANTE (P. Piatto).

A conferma delle precedenti considerazioni teoriche, esperienza insegna che l’ulcera venosa si presenta frequentemente nel piede piatto, raramente col piede cavo. E col bendaggio bisogna guardarsi dall’accentuare il piattismo, con errate manovre di pronazione. L’ulcera flebopatica della gamba destra guarisce assai lentamente.- molto oltre le abituali tre settimane - quando il bendaggio viene attuato da un improvvido Operatore destrimane, spontaneamente incline a pronare il piede destro e supinare il sinistro del paziente.

Tecnica di avvolgimento delle bende elastiche

 5° 2° giro - Mediopiede 3° giroÝ1° giro - Avampiede e teste metatarsali, 1°  - Malleoli, al punto B - (1° passaggio) 4° giro - Calcagno (ricoprendolo) 5° giro - Malleoli, al punto B (2° passaggio) 6° giro - Retropiede 7° giro - Malleoli, al punto B (3° passaggio) 8° giro - Ascesa - Sovrapporre le spire al 75% - 50% - 25% a seconda che la e seguenti condizione patologica risulti ACUTA - SUBACUTA - FINALE

Il segmento di benda che sopravanzasse ad avvolgimento utile concluso non va avvolta in sovrapposizione orizzontale, ma lassamente distribuita scendendo in basso, ad elica; oppure va recisa.

Istruzioni per il lavaggio. Il lavaggio rinnova l’elasticità. Dopo ogni applicazione lavare la benda in acqua calda (40 °C) con sapone, evitando l’uso di detersivi e risciacquare in acqua tiepida (20 °C). Per l’asciugatura spremere a fondo senza tirare, né torcere, né stirare e stendere la benda su di una superficie piana, evitando di appenderla.

INDICAZIONI D’USO DIFFERENZIATO

Bende a LUNGA estensibilità: - MEDIUM - FLEXOBANDE (bielastica)

Per patologie brevi, limitate, ben individuate, SUPERFICIALI. - Safenectomia (stripping) - per 2 gg. dall’intervento - Flebectomia - per la prevenzione od estensione di ematoma - Varicorragia - per 12h dall’evento - scleroterapia - per facilitare la coalescenza delle pareti venose - Varici semplici

Azione: * Intensa compressione di superficie * Scarsa influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B. Rimuovere di notte, per evitare prolungati impedimenti del microcircolo cutaneo.

Bende a MEDIA estensibilità: - FORTE

Per patologie MEDIO-PROFONDE (1 - 2,5 cm) - Incontinenza valvolare di vv. perforanti o comunicanti, con edema da stasi anche mattutino. - Safenectomia o flebectomia - dopo la 1^ medicazione (al 4° - 5° giorno) - Ogni altra patologia di media profondità.

Azione: * Compressione di media profondità * Efficace influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B: Da rimuovere di notte.

Bende a CORTA estensibilità: - VARIX

Per patologie PROFONDE (oltre 2,5 cm) - Edema veno-linfatico cronico - Elefantiasi

Azione: * Scarsa compressione superficiale * Notevole influenza sulla pompa venosa muscolare

N.B: - Indossabile anche di notte. - Il riassorbimento progressivo dell’edema richiede il riconfezionamento a breve periodo del bendaggio, per assicurarne l’aderenza contentiva all’arto. - In fase finale, alla benda a CORTA, sovrapporre benda a MEDIA, da rimuove- re di notte.

PATOLOGIE FLEBOLOGICHE CRONICHE (SEVERE)

In caso di: - Sindrome post-trombotica - Insufficienza veno-linfatica - Ulcera secernente

Dopo aver medicato l’eventuale lesione cutanea, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 4 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Protegge la cute periulcerosa. Le Õspire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. Lasciare liberi avampiede e gamba superiore.Õ Tallone ÕMalleolo 

2° strato: - Benda di fissaggio in crespo di cotone Fissa il sottostante cotone di Germania, ritiene la successiva benda “a corta”. Le spire devono Õ Malleolo Õessere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. Non occorre praticare una trazione nell’avvolgimento.ÕTallone 

3° strato: - Benda a CORTA estensibilità - TENSOCREPE (crespo di cotone)a spirale oppure Benda a lunga estensibilità da mettere a "8".

4° strato: - Benda autoaderente coesiva - COPLUS Ha azione compattante e fissante Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento classico a spirale.

In caso di: - Ulcera flebopatica (generalmente su edema)

Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 3 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Protegge la cute periulcerosa. 2° strato - Benda autoaderente (bianca) da medicazione - EASIFIX Le spire devono Õ Malleolo Õessere confezionate ad avvolgimento semplificato: Medio piede   Ascesa. 3° strato - Benda contentiva da medicazione - COPLUS (coesivaÕTallone  flessibile) E’ da omettere se l’edema è risolto.

In caso di: - Ulcera arteriopatica (senza edema)

Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Cotone di Germania - SOFFBAN Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato. 2° strato - Benda da medicazione - EASIFIX

In caso di: - Ulcera sporca (necrosi + fibrina) - Tromboflebite superficiale

Dopo aver medicato l’eventuale lesione cutanea, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Benda alle pasta d’ossido di Zinco - VISCOPASTE (bendaggio fisso) Piede fissato “a martello” (angolato a 90° con la gamba) Assicurare l’aderenza della benda alla cute e alle spire sottostanti, eventualmente praticando delle “pinces” del tessuto. Usare guanti. 2° strato - Benda adesiva elastica - TENSOPLAST Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato.

In caso di: - Ulcera detersa, in risoluzione Dopo aver medicato l’ulcera, deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 2 STRATI

1° strato - Benda salvapelle - TENSOBAN Avvolge l’ulcera medicata per 4-5 giorni. 2° strato - Benda adesiva elastica - TENSOPLAST Le spire devono essere confezionate ad avvolgimento semplificato.

In caso di: - Flebite acuta profonda - Flebotrombosi acuta profonda

Deve essere usato il seguente:

BENDAGGIO A 1 STRATO

Benda adesiva bielastica - VARIPLAST Bendare estesamente fino ad includere la coscia.

Da ricordare: i bendaggi a più strati sono solitamente bendaggi FISSI

ULCERE DISTROFICHE

La presenza di materiale necrotico o fibrinoso è in grado di ostacolare la riparazione cicatriziale dell’ulcera: è pertanto indispensabile favorirne la detersione.

Le procedure a tal fine abitualmente seguite sono: 1) TERAPIA MECCANICO-CHIRURGICA. Si avvale di strumentazione chirurgica (bisturi, cucchiaino) per l’asportazione del materiale biologico patologico. E’ tecnica dolorosa, emorragipara, sovente traumatizzante per il tessuto di granulazione. 2) TERAPIA CHIMICA. Adopera varie qualità di pomate enzimatiche. Gli enzimi litici contenutivi risultano aggressivi anche verso i tessuti sani, talora necrotizzanti per il tessuto neoformato. Possono pure sostenere processi di sensibilizzazione cutanea, in quanto derivati generalmente da tessuti animali, spesso bovini. D’altra parte il veicolo grasso porta a macerazione la compagine tessutale. 3) TERAPIA AUTOLITICA Mediante sistemi semplici e naturali, tecnologicamente razionali, la medicazione tende a creare e regolare un ambiente umido, fisiologicamente idoneo, alla crescita di neotessuto di riparazione. E’ da privilegiare alle altre terapie.

Le caratteristiche di un MATERIALE di MEDICAZIONE IDEALE sono: - assorbire sangue ed essudati - favorire l’emostasi - non aderire alla superficie della lesione - non disperdere fibre nella lesione - impedire la proliferazione batterica - proteggere e coprire la lesione

George Winter fu il primo ad osservare che una pellicola occlusiva in polietilene favoriva la riparazione cellulare nei giovani maiali con piccole ulcere, usando strisce di lastre fotografiche. Confronto con la medicazione tradizionale:

MEDICAZIONE SEMIOCCLUSIVA MEDICAZIONE TRASPIRANTE ( tradizionale ) - fluidità dell’essudato del letto della ferita - essiccamento dell’essudato - temperatura abituale: 30-35°C - temperatura abituale: 25°C - impermeabilità solo ai liquidi - permeabilità a vapori e liquidi - impermeabilità ai batteri esterni - permeabilità ai batteri esterni - inaderenza alla lesione - aderenza alla lesione - rimozione atraumatica - rimozione traumatizzante - rinnovo diradato - rinnovo frequente

La medicazione ottimale deve quindi: - mantenere UMIDA la superficie della ferita ma NON BAGNATA - regolare l’essudato controllandone la quantità libera - essere impermeabile ai liquidi - permettere gli scambi gassosi - fungere da isolante termico - formare una barriera antibatterica - salvaguardare la ferita da residui estranei - impedire aderenze alla ferita - consentire cambi meno frequenti

E’ da tener presente che non esiste un solo tipo di medicazione adatta per tutti i tipi di lesione e per le sue varie fasi evolutive.

CLASSIFICAZIONE DELLE FERITE

Ogni processo ulcerativo può essere classificato con tre colori in base all’aspetto del fondo: NERO: Presenza di escara o necrosi. E’ necessario detergere e rimuovere il tessuto necrotico con trattamento en- zimatico autolitico. GIALLO:Presenza di tessuto necrotico infetto e pus giallastro. E’ necessario detergere assorbire l’essudato. ROSSO: Presenza di tessuto di granulazione riparatore. E’ necessario fornire un fisiologico isolamento termico in ambiente umido ma non bagnato.

Calze elastiche

Esiste una continuità di trattamento nel tempo, una volta che l’ulcera sia andata a guarigione. Va attuata terapia conservativa mediante l’uso di calze elastiche (vedi capitolo del BENDAGGIO CONCENTRICO). Le calze elastiche si dividono in 3 categorie.

1) CALZE DI SUPPORTO ( dette anche di contenimento – riposanti ) Sono velate, colorate, già riproducenti la sagoma dell’arto inferiore. In quanto fabbricate e confezionate a stampo, riescono ad esercitare compressione pochissimo decrescente (< 20 mmHg) ed agiscono solo in superficie. Possono al massimo essere preventive di varicosità, ma non curative. Esse vengono classificate in base a 2 criteri:

A) a compressione presunta a livello della caviglia di: 6 mmHg 12 mmHg 18 mmHg. Tale classificazione non considera l’unico dato importante e cioè l’effettivo rapporto tensione/raggio (del punto B), che può variare da persona a persona, data la diversa conformazione di ogni gamba.

B) criterio merceologico: 40 DEN 70 DEN 140 DEN

DEN è un rapporto fra il peso in grammi e l’unità di lunghezza del filo elastico. DEN = grammi/1metro. Esiste una correlazione approssimativa tra mmHg e DEN 6 mmHg - 40 DEN 12 mmHg - 70 DEN 18 mmHg - 140 DEN

Le tre classi di calze di supporto (sostegno) sono giustificate dal fatto che vanno considerati i vari momenti di insulto flebologico: - Familiarità, come fattore di rischio 6 mmHg - 40 DEN - Attività che prevedono stazione eretta o seduta prolungate 12 mmHg - 70 DEN - Vulnerabilità momentanee (gravidanza) 18 mmHg - 140 DEN

Se è già manifesta una varicosi venosa, questa tipo di calze di contenzione è controindicato, in quanto, non essendo adeguatamente calibrato, viene a comprimere la radice della coscia, bisogna allora ricorrere alle calze terapeutiche.

2) CALZE TERAPEUTICHE Sono intessute con elastomeri, ed hanno comportamento bielastico: esplicano una compressione gradualmente decrescente dalla caviglia alla coscia, con gradiente di >20 mmHg. Più in dettaglio: - compressione del 100% alla caviglia - compressione del 70% al polpaccio (massima circonferenza) - compressione del 40% alla coscia (massima circonferenza). Le calze terapeutiche costituiscono un metodo di terapia, la più efficace, che viene affidata al Paziente una volta conseguito l’obiettivo della guarigione dell’ulcera.

Le calze terapeutiche si qualificano in 4 classi. 1^ Classe - 20-30 mmHg - Analogia con le Bende a “LUNGA”. Contenimento superficiale leggero. Utile per: - varici semplici (senza edema) - varici della gravidanza - sindrome pre-varicosa. 2^ Classe - 30-40 mmHg - Analogia con le Bende a “MEDIA”. Contenimento superficiale discreto. Utile per: - varici con segni di IVC (insufficienza venosa cronica) - ulcera venosa cicatrizzata - varici in gravidanza con edema (insufficienza delle perforanti!) - recente post-operatorio flebologico - linfedema di grado medio. 3^ Classe - 40-50 mmHg - Analogia con le Bende a “CORTA”. Contenimento medio-profondo. Utile per: - sindrome post-flebitica - edema post-traumatico - insufficienza venosa profonda - linfedema al 2° stadio. 4^ Classe - 50-60 mmHg - Analogia con il Bendaggio Fisso. Contenimento profondo extra-forte. Impediscono l’allargamento latero-laterale dei ventri muscolari in contrazione. N.B. Tutte le calze terapeutiche (con pressione > 20 mmHg) vanno rimosse di notte.

NORME PER LA CORRETTA PRESCRIZIONE

E’ fondamentale valutare alcuni elementi con attenzione. - Diagnosi corretta della condizione patologica da curare. - Caratteristiche del Paziente, per età e condizioni generali influenzanti la morfo logia delle gambe; - Serietà professionale del venditore, affinché la calza elastica sia propriamente scelta e consigliata, conforme alla prescrizione medica o potrebbe tutto vanifi- carsi.

Per infilare la calza, senza sfibrarla e danneggiarla definitivamente, bisogna: 1) Ribaltare la calza. 2) Infilare la punta del piede. 3) Ri-ribaltare la calza sulla gamba.

La calza con supporto di cotone o in microfibra è meglio accettata della calza con supporto sintetico. Misure abituali: small, medium, large - corto, lungo, plus (misure forte polpaccio-coscia), o su misura.